Prima di pensare a un rientro a scuola, anche per sostenere la Maturità 2020, è necessario un Protocollo di sicurezza, con le misure operative per garantire il distanziamento fisico e la sanificazione dei locali. La richiesta è arrivata, ieri mattina, dai sindacati della scuola, che hanno convocato una videoconferenza stampa per denunciare la «totale mancanza di visione» da parte della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. «Ad oggi non c’è nessuna idea, siamo nella confusione più totale», ha ricordato Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola, mentre per la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, «è necessario un commissario, una persona superpartes, fuori da ideologie e dall’ambito ministeriale che possa compiere delle scelte, una persona competente che possa decidere».
Secondo i sindacati, per tornare in classe è indispensabile un «piano di investimenti straordinario» ben superiore ai 3 miliardi chiesti (e non ottenuti) dall’allora ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Per il segretario generale della Flc–Cgil, Francesco Sinopoli, «serve un punto di Pil (circa 15 miliardi di euro, ndr.), con investimenti da pianificare negli anni». Soltanto per “sdoppiare” le classi della scuola dell’infanzia e della primaria, che non potranno più avere una media di 20,55 alunni, sono necessari almeno 3,5 miliardi, mentre per garantire mascherine e guanti a tutti (alunni, docenti, dirigenti e personale Ata, complessivamente più di 10 milioni di persone), non bastano 5,6 milioni di euro al giorno. «Siamo a maggio e non abbiamo ancora un protocollo chiaro e condiviso sul rientro in sicurezza», ha ribadito la segretaria generale dello Snals, Elvira Serafini. «Se non si interviene subito – ha denunciato – a settembre la scuola andrà in tilt, con più di 200mila precari».
Di qui, la necessità di velocizzare la procedura di reclutamento degli insegnanti, che, secondo i sindacati, non può passare per i concorsi per 62mila posti banditi nei giorni scorsi dalla ministra Azzolina. Procedura «fantasiosa», per il segretario della Gilda Unams, Rino Di Meglio, che ha ricordato come «dei 40mila insegnanti di ruolo previsti lo scorso anno, ne sono stati effettivamente assunti 19mila, meno della metà». I sindacati hanno, quindi rilanciato la proposta, appoggiata anche da una parte della maggioranza di governo, di procedere a concorsi per soli titoli, così da accelerare le procedure e avere gli insegnanti in cattedra già a settembre.
«Per la ripresa della didattica in presenza, servono classi più piccole e più tempo scuola e quindi nuove assunzioni in organico», ha riassunto Sinopoli, annunciando che di tutto ciò si parlerà il 13 maggio, «giornata straordinaria di assemblee del personale della scuola». Che potrebbe anche sfociare nella prima mobilitazione dell’era coronavirus, «se la ministra Azzolina dovesse perseverare nel suo atteggiamento di chiusura al confronto», hanno minacciato i segretari generali.
In attesa di conoscere il progetto che uscirà dal gruppo di esperti del ministero dell’Istruzione, guidato da Patrizio Bianchi, sulla riapertura in sicurezza delle scuole, da giugno, si concentra il piano di# Ricostruire di Stefano Parisi, firmato da Giuseppe Bertagna, pedagogista dell’Università di Bergamo ed ex–consulente di Letizia Moratti, ministra dell’Istruzione nei primi anni 2000, ed Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, associazione fondata da Marco Biagi. Già da giugno, quindi, spiegano Bertagna e Massagli, si potrebbe tornare a scuola, in classi divise in piccoli gruppi di massimo 8 alunni che alterneranno lezioni in aula, da casa, attività in luoghi di cultura (come musei, teatri e mostre d’arte) e all’aperto. A scuola tra una lezione e l’altra, è prevista mezz’ora di pausa per garantire la sanificazione degli ambienti. Il tempo scuola sarà distribuito su turni dalle 8 fino alle 17, con la possibilità di estendere le attività anche al sabato mattina. «In questo nuovo modello di scuola – si legge nel progetto – se vi fosse la necessità di rafforzare il numero di docenti, proponiamo di ricorrere agli studenti universitari iscritti a corsi di laurea che abilitano all’insegnamento». Si tratta di 38mila persone, i “riservisti”, già obbligate dal proprio percorso di studi a svolgere tirocini formativi curriculari (gratuiti) utili a maturare crediti universitari. «Un’esperienza di questo genere – concludono Bertagna e Massagli – arricchirebbe la crescita di questi giovani, formando in loro competenze utili alla futura professione».
Paolo Ferrario
Avvenire, 5 maggio 2020