UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Roma, il caso del liceo: prima la legge

Al «Giulio Cesare» preside accusata di censura. Ma ha solo applicato la 'Buona scuola'
15 Febbraio 2021

«Censura»: è la parola che ricorre per definire l’intervento della dirigente scolastica del liceo classico Giulio Cesare di Roma, che avrebbe vietato due incontri su aborto e gender organizzati dagli studenti. Avrebbe, appunto. Perché i fatti non sono andati così, anche se questa versione è quella che circola da giorni su stampa e social media, con giudizi pesanti all’indirizzo della preside Paola Senesi, alla guida del Giulio Cesare dal 2017, alle spalle un impeccabile curriculum nelle scuole romane, dalle periferie fino alla nomina nel prestigioso classico del centro, ovunque apprezzata per lo stile, l’equilibrio e la determinazione nel difendere la scuola.

A sovrapporre una grottesca maschera oscurantista a questo profilo di tutto rispetto alcuni ragazzi che hanno formulato proposte autogestite per la «Settimana dello studente» dal 9 al 12 febbraio, esperienza di didattica alternativa che ha visto i liceali organizzare incontri sui temi più svariati, dagli scacchi alla poesia alle foibe, e poi storia, musica e, ovviamente, la pandemia. Trattandosi di vere lezioni in orario scolastico, gli studenti devono sottoporre le proposte alla dirigenza, per mettere a punto una lista da far ap- provare al Collegio docenti. È nel colloquio preliminare che la preside ha fatto notare ai ragazzi come su tre proposte ci fosse ancora da lavorare esprimendo – come ha spiegato giovedì in una nota – «alcune perplessità su titoli e contenuti» con «l’invito a riformularle». Le osservazioni si concentravano sugli incontri «Informazione sull’interruzione di gravidanza», affidato alla ginecologa Silvia Agatone, «Cos’è l’identità di genere» con lo psichiatra Stefano Corvino e «La questione balcanica» insieme allo storico Davide Conti, tema che ricalcando altre proposte è caduto da sé. Pareva che gli studenti avessero presero atto delle richieste della prof Senesi, che infatti non ha visto ricomparire i titoli nell’ultima versione del programma, poi varato e messo in opera. Tutto bene? Nient’affatto.

All’improvviso è infatti divampata la polemica contro la preside accusata di atteggiamento censorio sia da alcuni studenti che da un gruppo di professori, con il consueto contorno di denuncia sui media – altoparlanti delle sole tesi accusatorie, date per buone senza contraddittorio – e di annunciate interrogazioni parlamentari. Sconcertata dall’attacco a freddo, Paola Senesi ha atteso un paio di giorni. E poi ha messo mano a un comunicato nel quale smonta le tesi dei suoi improvvisati detrattori esprimendo «sorpresa» e ricostruendo i fatti con certosina precisione.

Perché frenare su due incontri su temi delicati come aborto e identità di genere? Quanto alla prima proposta la dirigente «ha ritenuto che essa non dovesse concentrarsi solo su una dimensione socio-sanitaria ma dovesse acquisire una maggiore rilevanza comprendendo anche altri aspetti essenziali», peraltro «principi fondanti della legge 194». Sul secondo progetto la preside ha impartito una lezione di correttezza istituzionale spiegando di non aver fatto altro che applicare l’«orientamento ministeriale con la nota Miur n.1972 del 15 settembre 2015», cioè la circolare che spiega il famoso comma 16 della legge sulla «buona scuola », dove si chiarisce che «tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né 'ideologie' di genere' né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo», con il principio che su queste materie è indispensabile il consenso informato delle famiglie. Altro che atteggiamento «censorio »: ogni contenuto didattico – spiega la responsabile del liceo romano – va inserito «in un contesto coerente con i programmi scolastici e dunque in accordo anche con le famiglie il cui ruolo educativo è richiamato nel Patto di corresponsabilità sottoscritto ogni anno».

Francesco Ognibene

IL RIFLESSO CONDIZIONATO CHE ACCECA

Non possiamo assuefarci, anche se ogni volta siamo daccapo: quando su alcuni temi – sempre gli stessi – spunta un’idea diversa dalla vulgata ritenuta prevalente, è quasi inevitabile che parta il disco rotto della polemica frontale e del discredito gettato su dissenzienti, fatti passare per impresentabili diffusori di bugie e pregiudizi, negando loro persino il diritto di replica.

Aborto e identità di genere, al centro della vicenda del liceo di Roma, funzionano come un richiamo irresistibile, finendo puntualmente per compattare un fronte aggressivo che imbraccia slogan e pregiudizi per muovere all’assalto di chi non si riconosce nell’applicazione di una libertà ritenuta insindacabile, contestando questo nuovo dogma quando si traduce in proposta educativa.

Negare a priori ogni confronto, però, è una pessima scelta, specie per chi dice di credere in una società inclusiva: si finisce infatti con il non accorgersi che l’'avversario' di turno altro non fa che applicare la legge dello Stato, oltre a quella del buon senso. E se si ricorda che la scuola deve coinvolgere le famiglie e non scavalcarle, si dà voce a una evidenza universalmente condivisa. Altro che censura.

Avvenire, 13 febbraio 2021