In questi ultimi tempi ci siamo imbattuti in fatti di cronaca che ci hanno profondamente colpiti e hanno suscitato in noi indignazione e sconcerto. Ci riferiamo agli atti di violenza che hanno visto come autori giovani studenti o loro familiari e come vittime insegnanti. Bene ha fatto il ministro Valditara a lanciare un messaggio forte. Se le massime autorità della scuola hanno deciso di chiamare in causa l’Avvocatura dello Stato per la difesa dei docenti colpiti da gesti violenza, significa che il fenomeno deve assolutamente farci riflettere e prendere posizione.
Il segnale dell’Amministrazione è significativo, ma la sua efficacia si misurerà sulla capacità del mondo della scuola di farlo proprio con un cambio di atteggiamento comune, perché il rischio che rimanga un provvedimento contingente e di mera opportunità, è assai reale. In un recente incontro di formazione promosso dall’Agesc il relatore ha ricordato ai genitori presenti quanto sia importante capire le cause degli episodi di violenza dentro e fuori le aule da parte di alunni e di genitori e perché la scuola negli ultimi anni sia sempre più denigrata. In poche parole l’invito era anche quello di smetterla di parlarne male cercando invece, tutti insieme, di recuperarne il prestigio sociale. Capire le cause è dunque il passaggio che dobbiamo assolutamente compiere se teniamo al futuro dei nostri ragazzi, alla loro serenità e realizzazione. Il problema è complesso e ha a che vedere con il ruolo della scuola e con l’interpretazione della sua “missione” nella società civile, che non può essere di istruire senza educare, ma di educare mediante la cultura, il che implica la dimensione etica della conoscenza e le conseguenti responsabilità. In fin dei conti si tratta di recuperare la dimensione del rispetto e della dignità delle proprie funzioni.
Non ci sono dubbi sul fatto che l’autorevolezza si conquisti con la professionalità, ma è pur vero che senza una posizione netta della famiglia che si ponga come alleata e corretta interlocutrice della scuola non è possibile che il processo educativo funzioni. C’è un bene più grande per cui tutti dobbiamo lavorare e riguarda quel “Villaggio” che non può non farsi carico dell’educazione dei giovani. I genitori dovrebbero sentirsi tali per tutti i ragazzi, non solo per i loro figli. “Adottare” la scuola significa sentirsi parte di una comune esperienza, vincolati da un Patto educativo che richiede costanza, pazienza, disponibilità, cortesia: in una parola intelligenza. Non è un caso che la violenza nei confronti dei docenti si accompagni a un analogo preoccupante fenomeno nei confronti dei medici, che hanno in cura il materiale più prezioso, ovvero il nostro corpo, meglio, la nostra “persona”.
Come Agesc il nostro intervento ha perciò un obiettivo preciso che è richiamare tutti alla necessità di un’azione consapevole e matura. Professionalità non è solo preparazione tecnica, ma utilizzo delle competenze specifiche in forma umanamente e culturalmente corretta. Forse non pochi medici sono usciti da un mondo universitario esasperato dal peso degli impegni, nel nome di scelte economiche che hanno portato a usare gli specializzanti come carne da macello. Forse molti docenti si sono trovati a gestire classi troppo numerose in situazioni socialmente difficili senza adeguati strumenti di supporto. Stiamo pagando tanti errori, ma non possiamo permettere che la dimensione umana si perda. In tutte le professioni la dimensione economicista ha alterato i rapporti, ha posto desideri al posto dei bisogni, ha esasperato l’individualismo e la pretesa di tutti di avere il meglio, senza saper riconoscere il “bene” che già si possiede.
Torniamo dunque tutti al nostro posto e alla nostra funzione, compresa la politica. Il ricorso all’Avvocatura dello Stato è un segno di grande attenzione, ma non basta per riportare in equilibrio un sistema che deve riscoprire valori il cui venir meno stiamo pagando a caro prezzo. Ridare serenità alla scuola richiede un radicale ripensamento della sua organizzazione. Della Sanità si occuperanno altri, noi qui diciamo a gran voce: «La scuola torni al centro dell’agenda politica», non solo del ministro dell’economia. La scuola non è il futuro, ma un presente che ci interpella e non ammette più distrazioni.
Avvenire, 24 febbraio 2023