UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ricordare, ovvero tornare al Cuore per proseguire la missione

L’omelia di mons. Claudio Giuliodori in occasione della solennità del Sacro Cuore 2022
23 Giugno 2022

L’immagine del Buon Pastore è al centro dell’odierna liturgia con cui celebriamo la Festa del Sacro Cuore. Una ricorrenza importante per la vita della Chiesa ma particolarmente significativa per noi che siamo chiamati a servire un’istituzione che per volontà dei fondatori è stata consacrata al Sacro Cuore di Gesù. Un riferimento che nel tempo abbiamo imparato ad apprezzare sia per il suo valore spirituale e teologico sia per i suoi risvolti sociali e culturali. Anche la celebrazione del Centenario è stata l’occasione per riscoprire e approfondire la ricchezza di questo riferimento.

Possiamo riprendere in questo senso l’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata presso la sede di Roma. In quell’occasione riassumeva attorno a tre parole il senso del riferimento al Sacro Cuore: Ricordo, Passione, Conforto. «Ri-cordare - ci diceva - significa ritornare al cuore, ritornare con il cuore. A che cosa ci fa ritornare il Cuore di Gesù? A quanto ha fatto per noi: il Cuore di Cristo ci mostra Gesù che si offre: è il compendio della sua misericordia». Ed è stato davvero ricco e stimolante questo anno di celebrazioni in cui abbiamo potuto fare memoria di quanto il Sacro Cuore ha fatto, dai fondatori ai protagonisti di oggi, professori, studenti e personale tecnico amministrativo, perché questa nostra Istituzione potesse crescere e diventare un riferimento importante per il sistema universitario del Paese e per l’impegno educativo della Chiesa.

Con la seconda parola “passione” ci invitava a guardare alla passione di Cristo che ha aperto il suo cuore sulla croce per appassionarci all’uomo soprattutto quello sofferente. Ci sollecitava quindi ad invocare «la grazia di appassionarci all’uomo che soffre, di appassionarci al servizio, perché la Chiesa, prima di avere parole da dire, custodisca un cuore che pulsa d’amore. Prima di parlare, che impari a custodire il cuore nell’amore». Anche il nostro Ateneo, a bene vedere, è nato come atto d’amore della Chiesa verso le nuove generazioni e verso il mondo della cultura. E pur avendo come oggetto la cura della crescita intellettuale e della formazione professionale non può mai dimenticare la vera matrice e la ragione ultima del suo operare: essere segno dell’amore appassionato di Cristo per le sue creature.

Infine, con la terza parola, si rivolgeva in modo più diretto al contesto romano dove si formano soprattutto operatori sanitari, chiamati ad essere maestri di consolazione. Guardando a come Gesù si è fatto prossimo e solidale con ogni persona, ci invitava a chiedere «al Sacro Cuore la grazia di essere capaci a nostra volta di consolare. È una grazia che va chiesta, mentre ci impegniamo con coraggio ad aprirci, aiutarci, portare gli uni i pesi degli altri». E di consolazione non hanno bisogno solo i malati, ma in qualche modo tutti ne abbiamo bisogno, soprattutto oggi, di fronte alla pandemia e agli sconvolgimenti causati dalla guerra. Per questo il Papa ci incoraggiava a dirci l’un l’altro: «Coraggio sorella, coraggio fratello, non abbatterti, il Signore tuo Dio è più grande dei tuoi mali, ti prende per mano e ti accarezza, ti è vicino, è compassionevole, è tenero. Egli è il tuo conforto».

Ho voluto ricordare questi passaggi dell’omelia del Santo Padre del 5 novembre scorso, a cui potremmo aggiungere il bellissimo Messaggio che ci ha inviato per l’apertura dell’Anno Accademico il 19 dicembre, modulato attorno alle parole Fuoco, Speranza, Servizio, per richiamare solo uno degli ultimi e inequivocabili doni che il Sacro Cuore ha fatto a questa comunità accademica. Le toccanti e profonde parole che il Successore di Pietro, a più riprese, ha rivolto a questo Ateneo, non fanno che confermare e rafforzare gli attestati di benevolenza divina e di fiducia da parte della comunità ecclesiale. Questa celebrazione del resto, ormai al termine del centenario, non può che essere un inno di lode con cui manifestiamo al Signore la nostra più sentita gratitudine e un’immensa riconoscenza, consapevoli dei preziosi doni ricevuti ma anche delle grandi responsabilità che ci vengono affidate per il presente e per il futuro.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci invita anche a guardare avanti, consapevoli di quanto abbiamo ricevuto dal Buon Pastore e dal suo grande Cuore. Il Suo esempio diventa così emblematico anche per orientare il nostro cammino futuro. Vorrei pertanto, oltre alla doverosa memoria che abbiamo fatto assieme, anche cercare di tracciare l’orizzonte profetico entro cui si colloca il futuro del nostro Ateneo. Memoria e profezia vanno sempre assieme e sono le due ali che fanno decollare il presente, gli danno forza e vigore.

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Mons. Claudio Giuliodori

(Cattolica News, 21 giugno 2022)