La storia di Maria Montessori è esemplare: una delle prime donne a laurearsi in medicina, con non poche e ovvie difficoltà in un mondo completamente dominato dagli uomini, si impegnò da subito nel movimento di emancipazione femminile e iniziò le sue attività professionali nel settore che all’epoca si definiva “dei deficienti”, quello che oggi chiameremmo “delle malattie mentali e psichiatriche”. Lavorò a fianco di Giuseppe Montesano con cui ebbe una relazione (mai sfociata nel matrimonio), dalla quale nacque un figlio quando lei aveva 28 anni. In accordo con il collega e padre del bambino, questi venne affidato a una famiglia dell’Agro Pontino.
Questa sofferenza segnò inequivocabilmente la sua vita e il suo interesse si spostò completamente verso i bambini. In questo settore, applicò quello che era lo spirito dei tempi dal punto di vista scientifico: positivista e molto concreto. Recuperò i materiali di Édouard Séguin e Jean Itard, che avevano lavorato tantissimo con i bambini cosiddetti “deficienti” agli inizi dell’Ottocento, in piena rivoluzione illuministico– rousseauiana, e su quella base costruì i suoi straordinari materiali con cui ottenne risultati favolosi proprio nell’alfabetizzazione dei bambini ritardati. Risultati che all’inizio del Novecento lasciarono sbigottiti alcuni importanti rappresentanti della borghesia romana dove la Montessori fece i primi esperimenti e che le consentirono di aprire, nel 1907, la famosa Casa dei Bambini nel quartiere San Lorenzo. Qualche anno dopo (1912), pubblicò il suo Metodo, una grande opera pensatissima con tutti i dispositivi, i materiali e l’organizzazione delle sue scuole che nel frattempo avevano incominciato a diffondersi in tutto il mondo. Durante l’epoca fascista, Mussolini cercò di “appropriarsi” di Maria Montessori, vista la sua fama internazionale, ma l’operazione fallì: è un metodo che con il dispotismo non può avere alcuna affinità. Venne il momento in cui fu costretta a lasciare l’Italia. Un regime totalitario non vuole avere scuole dove i bambini vengono rispettati come individui pensanti perché potrebbero costituire un pericolo per il sistema. Per la stessa ragione in Spagna durante la dittatura franchista e nella Germania di Hitler non ci sono state scuole montessoriane.
Vale la pena ricordare i basilari scientifici e pedagogici su cui si basa la rivoluzione di Maria Montessori:
Per capirla fino in fondo bisogna andare sulla sua tomba, in Olanda a Noordwijk sul Mare del Nord. Aveva chiesto di essere sepolta dove fosse morta, dichiarando da sempre di sentirsi cittadina del mondo. E quel giorno, il 6 maggio 1952, a 82 anni, si trovava lì nella casa di vacanza del figlio Mario che l’aveva seguita per tutta la vita. Le parole che compaiono sulla sua pietra non lasciano dubbi sulla costante missione di questa grande scienziata: “ Io prego i cari bambini, che possono tutto, / di unirsi a me per la costruzione della pace / negli uomini e nel mondo”.
Candidata due volte al Nobel per la Pace, non le fu mai attribuito, lasciando un vulnus enorme nella storia di questo prestigioso Premio, mai consegnato a figure del mondo educativo. Che i 150 anni dalla sua nascita siano l’occasione per una memoria attiva, consapevole, che riporti al centro dell’attenzione i temi dell’educazione e della buona crescita dei bambini.
Daniele Novara
Avvenire, 3 marzo 2020