UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ricerca integrata e terza missione, l’esempio di Torino

Le attività sul tema del cibo fanno convergere competenze specialistiche verso temi di grande rilevanza per la società
12 Gennaio 2022

Nelle università è molto diffusa un’organizzazione per discipline scientifiche: la matematica, la filosofia, la fisica, l’economia, la geografia, ecc. L’impatto dei risultati della ricerca sulla società può avvenire attraverso invenzioni 'disciplinari' o attraverso collaborazioni tra più discipline. È tuttavia in crescita la convinzione che sia fondamentale svolgere un’attività di ricerca che sia interdisciplinare sin dall’inizio, e non che lo diventi tramite l’integrazione di contributi da discipline diverse, come se si trattasse di mattoncini Lego di varie forme e colori. Questo risultato può essere raggiunto anche individuando, all’interno degli atenei, macro-temi di ricerca che corrispondano ad alcune delle grandi questioni che interessano la nostra società. Si tratta di una pratica organizzativa ormai piuttosto diffusa in molte università straniere.

Un esempio interessante – non certo l’unico in Italia – è quello dell’Università di Torino, che da alcuni anni ha deciso di dedicare particolare attenzione al tema del cibo. L’Università di Torino è una delle più grandi in Italia; conta 2.057 docenti e oltre 80.000 studenti ed opera in una regione caratterizzata da un’intensa tradizione e cultura del cibo, da importanti presenze industriali e anche da iniziative a forte impatto come Slow Food. L’Università di Torino è tra i soggetti fondatori dell’iniziativa europea EIT Food, un consorzio che oggi conta 68 partner provenienti da 22 Paesi e che offre un sistema di finanziamenti diretti e di bandi per attività di formazione, innovazione, imprenditorialità e public engangement.

L’Università di Torino ha aderito a EIT Food nel 2016 e nel periodo 2018-2020 ha ottenuto finanziamenti pari a circa 4 milioni di euro per un totale di 72 progetti. Per il 2021 si stima un totale di circa 1,5 milioni di finanziamenti per altri 27 progetti. Ai corsi organizzati dall’Università hanno partecipato quasi 100mila persone e sono state sostenute 61 startup. Uno dei progetti riguarda i modelli di business circolari per sistema urbano sostenibile del cibo, un altro il cambiamento delle (cattive) abitudini alimentari, un altro le interazioni tra cibo e cervello, un altro ancora i miti e le verità relative ai superfoods.

A parte EIT Food, l’Università di Torino è attiva anche con attività di formazione 'ordinarie': un master di primo livello in 'Sostenibilità socio-ambientale delle filiere agro-alimentari', un master di secondo livello in 'Innovation in Food Science and Technology', in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza, una laurea magistrale in Food Systems, in partenariato con altre università europee, una laurea magistrale in Food Science and Technology, un corso di PhD in 'Agricultural, Forest and Food Science'. L’ateneo è inoltre promotore dell’Atlante del cibo di Torino metropolitana. Inoltre, nell’ambito della Rete RUS (Rete delle Università per lo sviluppo sostenibile), nel gruppo di lavoro 'Cibo', l’Università è attiva, tramite il proprio Green Office UniToGO, nell’orientare verso una maggiore sostenibilità il cibo prodotto, consumato, distribuito all’interno dell’ateneo, attraverso, ad esempio capitolati eco-innovativi per distributori automatici di cibo e bevande, bar universitari e catering.

In sintesi, le attività dell’Università di Torino sul tema del cibo rappresentano un interessante tentativo di fare convergere competenze specialistiche verso temi di grande rilevanza per la società. Progetti di questo tipo saranno di grande utilità anche rispetto agli obiettivi del Pnrr sui temi della ricerca e dell’innovazione, caratterizzati dalla necessità sia di fare massa critica intorno a progetti fortemente interdisciplinari, che di applicare rapidamente i risultati grazie alla collaborazione con partner industriali e startup.

Andrea Pittalunga

Avvenire, 12 gennaio 2022