UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Relazioni, diritto da ripristinare»

Il neuropsichiatra infantile Vicari: «La scuola deve tornare ad essere per tutti»
1 Giugno 2020

«L’Italia è un Paese per vecchi. E per ricchi. Di sicuro non è un Paese per bambini, tanto meno svantaggiati»: lo dice con passione, parecchia, Stefano Vìcari, responsabile dell’Unità operativa complessa di neuropsichiatria infantile, dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, a Roma. La prima domanda la fa lui: «Le sembra ragionevole che le persone di settanta e ottanta anni, o i miei genitori che di anni ne hanno 92, nella fascia più a rischio se si ammalano di Covid–19, possano circolare liberamente e i bambini e gli adolescenti non possano frequentare la scuola? E le pare legittimo far ripartire il campionato di calcio e non far tornare gli studenti in aula? È ragionevole che la metà delle aziende, lo dice l’Istat, non abbia mai chiuso e però ci si racconti che sono i genitori che accompagnano i figli a scuola il veicolo del contagio?».

Il governo, quindi, ha trascurato gli studenti?

Di più, ha negato un diritto garantito dalla Costituzione. La scuola deve essere per tutti. Al contrario, oltre un milione e mezzo di bambini, sono sempre dati ufficiali, non ha avuto gli strumenti per beneficiare della didattica a distanza. E, comunque, la didattica a distanza è un errore pedagogico, un abbaglio pensare che la scuola sia solo trasmissione accademica. Anche perché, se così fosse, la nostra avrebbe fallito da tempo, visto il livello culturale dei nostri ragazzi. Sono decenni che la scuola italiana viene demolita con sistematicità. Ne sono un esempio plastico gli edifici che la ospitano, con la loro fatiscienza. Se è vero, come dimostrano molti studi neuroscientifici, che il bello aiuta a crescere, i nostri studenti sono davvero messi male.

Be’, possiamo dire che la bellezza è nel materiale umano che ospitano.

Innegabilmente. Ed è bene che quel materiale umano torni a incontrarsi. La scuola per i bambini e ancor di più per gli adolescenti è relazione con i pari. Senza contare che più un adolescente sta in casa, più per lui sarà difficile tornare a uscire. Subentra la paura, il timore di doversi misurare con le aspettative del mondo. Sono come gli uccellini quando imparano a volare. Escono dal nido e poi tornano, allontanandosi per periodi sempre più lunghi, sapendo che c’è un posto sicuro che li aspetta. Ma se un ragazzo non esce mai, mai si mette alla prova e conquista autostima e indipendenza. Per questo la chiusura delle scuole è drammatica.

Però eravamo in emergenza...

Lo capisco, però è mancato il coraggio di affrontare il problema preferendo trasformare i genitori in uno strumento di formazione accademica per i propri figli. Non tutti hanno saputo o potuto farlo e in questo modo si è aggravato ulteriormente un gap che era già profondo. Che fine fa lo studio come strumento di riscatto e miglioramento? La scuola come opportunità per avere successo nella vita? Così facendo si sancisce che chi è più in basso nella scala sociale, lì resterà.

E poi, o prima, c’è il problema ancor più doloroso dei ragazzi disabili.

Dolorosissimo. Sono rimasti senza scuola e senza spazi di terapia, chiusi anche quelli. E anche quelli affidati all’iniziativa dei singoli. Ciascuno ha improvvisato per garantire trattamenti anche a distanza.

Aumenta il numero di genitori che chiede la bocciatura per i propri figli disabili.

Comprensibile. Non si tratta solo di recuperare dal punto di vista dello studio. Dopo questo anno di isolamento, per quei ragazzi tutto è più difficile. Sono andate perse molte conquiste, raggiunte con fatica e pazienza. Trovo incomprensibile che i rappresentanti delle associazioni di genitori con figli disabili non facciano parte della task force chiamata a stabilire le regole per la riapertura. Si tratta di un autogol del governo. Perché ammesso e non concesso che il loro contributo non sia risolutivo, coinvolgerli avrebbe dimostrato che il problema è al centro dei pensieri del governo. Evidentemente non lo è.

Nicoletta Martinelli

Avvenire, 30 maggio 2020