Ore 8 davanti alle scuole. Decine di ragazzini che arrivano, si abbracciano, parlano il tutto senza mascherine. Poi suona la campanella tutti in classe distanziati, mani sanificate, mascherina. Alla fine delle lezioni lo “spettacolo” si ripete, fuori dalle scuole, sui mezzi pubblici affollatissimi e alla sera nei bar o nei locali della cosiddetta movida. Ma come mai, dopo mesi di lockdown nulla è rimasto nella mente dei ragazzi che progressivamente fanno salire la curva dei contagi?
L’Agesc, essendo associazione di genitori è molto preoccupata di questo fenomeno di “superficialità” e si interroga anche su come hanno vissuto i ragazzi, nella loro mente, questo periodo. La recente pandemia che ha investito il mondo ha avuto, inevitabilmente, una pesante ricaduta su tutti gli aspetti della vita, non escluso quella concernente le varie patologie in qualche modo correlate ai radicali mutamenti negli stili di vita imposti dalle misure adottate per limitare il contagio.
A ciò si è aggiunto un diffuso sentimento angoscioso causato dal continuo, ripetuto, ossessivo focalizzarsi dei media su ogni aspetto dell’epidemia in atto. Poiché, non bisogna dimenticarlo, questa è la prima pandemia che ha investito il mondo nell’era della comunicazione. Ne abbiamo parlato con Maurizio Colombo psichiatra molto attendo alle problematiche giovanili.
«Innanzi tutto – spiega il medico – la “spagnola”, l’“asiatica”, la “cinese”, la “sars” ecc, o non avevano colpito così capillarmente ogni paese, o si erano abbattute in periodi storici in cui la possibilità di accedere alle notizie era ancora assai rudimentale, rispetto a quanto accade ai nostri giorni. Le conclusioni, dato che il problema è ancora ben lungi dall’essere risolto, non possono essere tratte. Si possono però già individuare delle linee di tendenza. In particolare, in questa breve disamina, ci concentreremo sull’età adolescenziale e preadolescenziale».
Anche fra i giovani, il disagio causato dalle restrizioni in un periodo della vita in cui la tendenza a fare gruppo e la necessità di incrementare i contatti umani è particolarmente sentito, si è riscontrato in maniera assai sensibile. Nei soggetti predisposti, in coloro che manifestano già in giovanissima età i fenomeni che vengono definiti “sintomi sotto soglia”, e costituiscono i prodromi di quella che un domani potrebbe sfociare in una malattia di natura psicologica conclamata e che, spessissime volte, non vengono identificati come tali, si è assistito al manifestarsi della cosiddetta sindrome post traumatica depressiva. È un fenomeno ansiogeno che, nella fattispecie, si è tradotto principalmente in due manifestazioni cliniche: l’irritabilità e l’insonnia.
La possibilità di mantenere i contatti con i coetanei, tramite i mezzi che la moderna società mette a disposizione, ha di certo ridotto, ma non eliminato, questa deriva. Non è possibile valutare, invece, a tutt’oggi, l’impatto sulla popolazione giovanile del Covid riguardo l’aspetto delle ma-lattie psicosomatiche. Una forte emozione e ancor di più il suo protrarsi nel tempo, si può accompagnare, nelle persone ipersensibili, a disordini somatici, endocrini e neurovegetativi, che possono essere transitori o più duraturi. Questa “conversione somatica” colpisce soprattutto i cosiddetti organi bersaglio, causando problemi digestivi e colici, cefalee, aritmie, fenomeni dermatologici ecc. In futuro, prosegue l’esperto, un’indagine epidemiologica, chiarirà, valutando l’aumento di queste patologie rispetto alla media, quale sarà stato l’impatto delle sindromi ansiose e fobiche indotte dal Covid sulla popolazione giovanile.
«Un’ultima considerazione – conclude Colombo – riguarda, io credo, l’atteggiamento determinato dall’attenuarsi delle misure restrittive sui giovani espressione che potremmo definire “di rimbalzo”». Purtroppo come Agesc crediamo che la volontà di recuperare il tempo perduto, il desiderio di socializzare, inducono gli adolescenti quasi invariabilmente, ciò che umano e comprensibile, a sottostimare il pericolo e ad ignorare le misure prudenziali che sarebbe preferibile adottare. Ma in questo caso deve essere la politica informando, persuadendo ed eventualmente vietando, a calmierare la naturale esuberanza dei ragazzi. E nella scuola dovrebbe essere l’argomento di insegnamento principale.
Avvenire, 2 ottobre 2020