Ci sono buone e cattive notizie nei risultati ottenuti da quindicenni italiani nei test Pisa sulle competenze finanziarie, pubblicati ieri dall’Ocse.
Tra le cattive notizie la più allarmante è il divario di competenze finanziarie tra maschi e femmine, il più largo tra quelli dei venti Paesi esaminati. Tra le notizie positive la migliore è il progresso nei punteggi medi rispetto al 2012, il primo anno in cui l’Ocse ha misurato anche il livello di alfabetizzazione finanziaria nell’ambito dei questionari per il confronto degli studenti di Paesi diversi (la sigla Pisa sta per Programme for International Student Assessment, cioè Programma per la valutazione internazionale degli studenti).
È la quarta volta che, nell’ambito dei test Pisa, l’Ocse misura anche il livello di educazione finanziaria: dopo il 2012 lo ha fatto nel 2015, nel 2018 e nel 2022, l’anno a cui si riferiscono questi risultati. L’indagine, è fatta di domande aperte o a scelta multipla. Gli studenti rispondono in aula al computer. Le domande riguardano temi finanziari ma anche le idee, le inclinazioni e le convinzioni degli studenti rispetto al denaro, le loro abitudini di spesa e il dialogo sul tema “soldi” all’interno della famiglia. Per l’Italia hanno partecipato 6.268 quindicenni, un campione di rappresentativo dei 496mila studenti nati nel 2007.
In media hanno fatto 484 punti, un dato peggiore dei 498 punti della media Ocse. È comunque un risultato di poco migliore rispetto al 2015 e al 2018. Nel confronto con i test compilati nel 2012 dai nati nel 1997 c’è stato però un drastico miglioramento: 17 punti in più. È in linea con la media dell’Ocse (18%) la quota di studenti che ha ottenuto un punteggio inferiore a quello considerato un livello base di competenze: parliamo di quindicenni che, per esempio, non sono in grado di riconoscere lo scopo di un documento finanziario banale, come una fattura. Solo il 5% degli studenti ha raggiunto invece il livello più alto, dimostrando per esempio di essere capace di riconoscere un tentativo di truffa finanziaria via email. È meno della metà dell’11% di studenti “migliori” della media Ocse. Nella classifica internazionale l’Italia è lontana dalle eccellenze di Danimarca o Canada (sui 520 punti) ma anche da Austria o Repubblica Ceca (sopra quota 505) e più vicina a Paesi come Spagna (486 punti) o Ungheria (492).
La mancata formazione in questo campo rischia di allargare le diseguaglianze già esistenti. È noto, per esempio, che i quindicenni che arrivano da famiglia di ambienti “svantaggiati” sono più impreparati sui temi finanziari: in Italia hanno ottenuto in media 68 punti in meno, il che significa che a quindici anni devono recuperare rispetto ai coetanei su tutto ciò che riguarda il denaro. Sono indietro anche le femmine, che hanno ottenuto in media 20 punti in meno dei maschi, contro i 5 punti di distacco medi dell’area Ocse: una situazione che crea i presupposti per pericolose situazioni di dipendenza economica delle donne dagli uomini.
Il risultato sostanzialmente negativo dell’Italia sembra essere legato allo scarso insegnamento di materie finanziarie a scuola: confrontando i risultati di questo test con quelli ottenuti in matematica e finanza l’Ocse fa presente che ci si poteva aspettare dagli italiani risultati superiori in media di 12 punti. Non è una sorpresa: soltanto nel 2024 la legge che introduce l’alfabetizzazione finanziaria nei programmi scolastici degli studenti italiani, come parte integrante delle lezioni di educazione civica, ha ottenuto l’approvazione del Parlamento. Fino ad oggi il tema è stato delegato all’impegno di altri soggetti, come la Banca d’Italia o la Consob, che hanno sviluppato i loro programmi di educazione finanziaria per le scuole fin dalle elementari.
Chiaramente non può essere sufficiente. Ragazzini con scarsa competenza finanziaria diventano adulti impreparati, persone a forte rischio di commettere errori nelle grandi scelte economiche e finanziarie che incontreranno nel corso degli anni o di finire vittime di truffe e fregature di vario tipo. L’incompetenza sul tema del denaro può rovinare la vita a livello personale ma anche creare seri problemi sociali, copme insegna, per esempio, la vicenda delle banche venete. L’Italia, su questo fronte, non può che darsi da fare.
Pietro Saccò
Avvenire, 28 giugno 2024