UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Qui perché non esistono più luoghi per dibattere e capire»

Voci di studenti dalla “Cittadella della pace” del borgo di Rondine, dove si educa alla pace
12 Giugno 2025

C’è chi frequenta una scuola dove è presente una sezione Rondine, chi ha un parente o un amico che ha già provato l’esperienza e chi semplicemente per passa parola ha trovato la risposta all’esigenza di dare una svolta al proprio percorso. Sempre di rondini però si tratta. Quelle a cui Giorgio La Pira dava il volto dei giovani, perché, diceva, «vanno verso la primavera», verso un futuro più giusto e di pace. Non per cieco ottimismo, ma per vera speranza, perché, spiegava, «se è vero che Cristo è risorto, ed è vero, la storia va necessariamente verso il bene».

È a loro che Rondine Cittadella della Pace, il borgo in provincia di Arezzo, apre le porte per frequentare il quarto anno di scuola superiore, elaborare un progetto con ricaduta sociale sul territorio e vivere a contatto con gli studenti della World House, lo studentato internazionale dei giovani provenienti da contesti di guerra. Da loro, tra i tanti, anche Emanuela, Nicolò, Luigi e Leone hanno imparato a riconoscere i primi segnali che nella società mettono in pericolo la pace e a non girarsi dall’altra parte. Emanuela e Nicolò, rispettivamente di Trieste e di Gorizia, lavorano insieme a un progetto comune: «Rendere più consapevoli giovani e adulti della ricca storia dei nostri territori, favorire il dialogo intergenerazionale e far sì che gli eventi dolorosi del passato siano ancora un punto di partenza per costruire il futuro e non solo un amaro ricordo – spiegano –. Vogliamo che la nostra identità multiculturale venga vissuta pienamente come una ricchezza e non come un pericolo o un difetto».

Luigi e Leone, invece, rispettivamente di Vittoria, in provincia di Ragusa, e Como, avvertono l’esigenza di creare luoghi e occasioni di informazione, discussione e partecipazione alla vita politica. «Nel mio contesto – dice Leone – ho notato che manca la sensibilizzazione dei giovani su questi temi insieme alla consapevolezza che le piccole iniziative e i piccoli gesti di ogni giorno posso avere un impatto fortissimo». Luigi invece, nella creazione del suo progetto, farà leva sull’informazione: «Non esistono più luoghi per informarsi, dibattere e capire insieme quale è il modo giusto di agire per dare il proprio contributo nella società: vorrei creare un vero gruppo, un vero luogo, dove unirsi e incontrarsi», racconta. Sono determinati, ma il loro coraggio viene anche dal vedere nei propri fratelli maggiori della World House le conseguenze del sottovalutare i campanelli d’allarme che minano la pace e la democrazia. «Vivere insieme ci ha fatto toccare con mano ciò che altrimenti avremmo visto solo in tv e, a volte, nemmeno lì», concludono.

Irene Funghi

Avvenire, 11 giugno 2025