Negli ultimi anni il panorama dei social media è mutato drasticamente. Piattaforme come Instagram, TikTok e YouTube sono diventate i luoghi prediletti dai giovani per trovare intrattenimento, ispirazione e connessione. Tuttavia, questo spazio apparentemente innocuo si sta trasformando sempre più in una “droga visiva”, veicolando modelli di bellezza che alimentano una cultura tossica, distorta e irrealistica: corpi estremamente rifatti, lontani da qualsiasi concetto di bellezza naturale e integrale, una vera e propria minaccia alla salute mentale e spirituale dei più giovani. Cosa stanno immagazzinando i ragazzi, esposti a contenuti così pervasivi? Ma soprattutto, chi sta in regia rispetto agli algoritmi che macinano dati e propongono contenuti in modo estremamente asettico?
Oggi in rete tutti possono postare di tutto. E alcuni contenuti sono letteralmente agghiaccianti, frutto di un disagio mentale oggettivo in grado di veicolare messaggi completamente dissonanti rispetto al valore della persona umana. Alcune immagini spingono a credere che la bellezza esteriore sia tutto, che il corpo debba essere costantemente esposto, rifatto, plasmato, ma la bellezza vera, come ci insegna la tradizione cristiana, nasce dall’interiorità: è il riflesso dei doni che Dio ci ha dato, talenti che dobbiamo coltivare con creatività, saggezza e amore. La bellezza, intesa come espressione dell’anima e della dignità umana, sembra essere stata sostituita da un ideale estetico superficiale e alienante. I social media, con la loro capacità di diffondere rapidamente immagini e video, hanno contribuito a creare un mondo virtuale in cui l’apparenza fisica è elevata a valore supremo. Ma dietro questa patina di perfezione, si nasconde una profonda insicurezza e un malessere diffuso, soprattutto tra le giovani generazioni. Di fronte a questa realtà la politica non può rimanere indifferente.
È tempo di agire, di unire le forze per proporre al governo una legge che regoli la creazione e la pubblicazione dei contenuti sui social media. L’accesso indiscriminato a immagini e video che promuovono immagini distorte è paragonabile a permettere che chiunque cammini per le nostre strade con un’arma invisibile, capace di influenzare e manipolare le menti. Secondo recenti studi, l’esposizione costante a immagini di corpi spesso ritoccati digitalmente, aumenta il rischio di depressione e insoddisfazione corporea nei giovani.
Una ricerca condotta dall’American Psychological Association ha rilevato che l’uso prolungato dei social media è associato a un aumento del 13% nei sintomi di depressione tra gli adolescenti. In Italia, uno studio condotto dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha evidenziato come oltre il 40% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni si senta insoddisfatto del proprio corpo a causa delle immagini a cui sono esposti sui social. Ma i numeri, per quanto drammatici, non bastano da soli. Dobbiamo riscoprire il valore della persona umana come essenza unica, irripetibile e creata da Dio per uno scopo più alto del semplice apparire. Il Papa stesso ha più volte ricordato l’importanza di una “cultura dell’incontro” che metta al centro l’interiorità e la relazione con gli altri, anziché una superficialità che misura il valore di una persona in base ai like o ai follower.
Una proposta di legge che regolamenti i contenuti sui social media non deve essere vista come una limitazione della libertà di espressione, ma come una tutela necessaria per garantire che i più giovani non siano esposti a contenuti pericolosi o inappropriati. Esistono già normative che regolano la pubblicazione di contenuti pericolosi in altri ambiti della comunicazione, come la televisione o la stampa. Perché i social media dovrebbero essere esenti da simili regole? Dobbiamo riportare al centro dell’educazione e della società il valore della bellezza interiore. Come genitori, educatori e membri di una comunità virtuosa, abbiamo il dovere di insegnare ai ragazzi che la vera bellezza risiede nell’Essere, nel cuore, nel coltivare talenti, virtù e capacità che riflettono l’amore di Dio per ciascuno di noi. Dobbiamo essere custodi di una bellezza che non si consuma, ma che cresce e si rafforza attraverso l’amore, la fede e l’aiuto al prossimo, ognuno con i suoi mezzi, ognuno come può.
Concludo con un appello alle autorità governative: non possiamo lasciare che i giovani crescano immersi in una cultura che riduce la persona a un’immagine superficiale e distorta. Normare i contenuti che passano sui social media è un atto di responsabilità doveroso verso le nuove generazioni, affinché possano crescere in una società equilibrata e armonica che valorizzi i doni che Dio ha instillato in ognuno di noi.
Alice Manganotti
Avvenire, 8 novembre 2024