UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Quale scuola dall’autonomia

Dai divari Invalsi test per la riforma
13 Luglio 2024

Domani entra in vigore la legge sull’autonomia differenziata e un primo banco di prova sarà senz’altro l’istruzione, tra le 23 materie individuate dalla legge 86/2024, che potranno essere interamente devolute alle Regioni, dopo che il governo avrà individuato i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Cioè, spiega la Costituzione all’articolo 117 comma “m”, quell’insieme di «diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». E qui cominciano i punti interrogativi. Su quali parametri individuare i Lep della scuola che, lo ripetiamo, devono garantire la medesima qualità del servizio (in questo caso, l’istruzione) da Torino a Reggio Calabria? Una misura dell’efficacia del sistema d’istruzione sono i risultati delle prove Invalsi, uguali su tutto il territorio nazionale e quindi utilizzabili per confrontare i traguardi raggiunti da alunni di territori differenti. L’ultimo Rapporto dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, di istruzione e formazione, presentato ieri, ci dice che, seppur un poco ridotti, i divari territoriali tra Nord e Sud restano marcati. E dunque: i Lep su quali basi saranno individuati?

Prendiamo in considerazione, per esempio, i risultati in matematica. Già dalla scuola primaria, scrive l’Invalsi, «si evidenzia una considerevole differenza di opportunità di apprendimento che si riverbera anche sui gradi scolastici successivi e interamente a svantaggio delle regioni meridionali». La situazione non migliora con l’avanzare dei gradi. Anzi, si legge sempre nel Rapporto, anche alle scuole medie «si confermano, in parte ampliate, forti evidenze di disuguaglianza di opportunità di apprendimento nelle regioni del Mezzogiorno, sia in termini di diversa capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio- economico-culturali sia in termini di differenza tra scuole e, soprattutto, tra classi».

Così, trascinando i problemi di anno in anno, si arriva alla fine delle superiori con un divario, sempre in matematica, di 27 punti tra Nord e Sud. E va bene che l’anno scorso i punti di distanza erano 31. Ma, nello stesso arco temporale, gli studenti del Sud in grado di raggiungere almeno il livello “base” in matematica sono scesi dal 48% al 44% (rispetto a una media nazionale del 54,7%), «evidenziando una vera e propria emergenza nell’apprendimento» di questa materia. E quindi? I Lep saranno parametrati sui risultati del Nord o su quelli del Sud? Come recuperare i 31 punti di differenza che separano, in inglese, Settentrione e Mezzogiorno, per garantire un servizio di qualità a tutti indipendentemente dalla regione di nascita?

Un bel banco di prova per una legge che, dalle aule del Parlamento, ora è chiamata a misurarsi con la realtà. Che dice, per esempio, che «in Italia - ricorda Save the children - poco più di un bambino su due (55,2% degli alunni ) ha accesso alla mensa scolastica nella scuola primaria, con differenze territoriali rilevanti: cinque regioni del Sud registrano le percentuali più basse di scolari che usufruiscono del servizio di refezione scolastica (l’11,2% in Sicilia, seguito dal 16,9% in Puglia, il 21,3% in Campania, il 25,3% in Calabria e il 27,4% in Molise), mentre Liguria (86,5%), Toscana (82,7%) e Piemonte (79,4%) sono quelle che assicurano livelli di accesso più alti». E lo stesso vale per il tempo pieno, strumento fondamentale per combattere la dispersione scolastica e la povertà educativa: a livello nazionale ne beneficia soltanto il 40% degli alunni della primaria, ma in Molise siamo fermi al 9,4%, in Sicilia all’11,1% e in Puglia al 18,4%.

Risalendo lo Stivale, le quote più alte sono nel Lazio (58,4%), in Toscana (55,5%) e in Lombardia (55,1%). Sulla capacità di riavvicinare i territori, anziché aumentare i divari, si misurerà, dunque, la bontà della legge che entra in vigore domani.

Paolo Ferrario

Avvenire, 12 luglio 2024