L’unico momento di tensione si verifica quando Ivan, 12 anni, dice che «dobbiamo stare con Putin, perché la Russia è più forte e vincerà». Tre banchi più in là c’è Andriy, che ha i nonni in Ucraina e, mi ha spiegato durante l’intervallo, «stanno bene. Adesso vivono in cantina, ma stanno bene». Lui non risponde al compagno (non è uno di molte parole, peraltro) ma Lorenzo si alza in piedi: «Allora – dice con tono arrabbiato – se io picchio un bambino, tu mi dai ragione solo perché sono più forte di lui? Ma che discorsi sono?». Parte qualche applauso, ma bisogna riprendere subito il filo perché altrimenti l’incontro si trasforma in scontro: tutti contro Ivan. E non è il caso.
Per il resto, i ragazzi che incontro in classe – anzi, nelle classi – nei giorni successivi allo scoppio della guerra in Ucraina sono frastornati e impazienti, desiderosi di raccontare quei pezzetti di informazione che hanno assorbito da social, genitori e in qualche caso anche dalla tv. Perché persino i tg, relegati fino all’altro ieri a 'cose da vecchi', hanno attirato l’interesse di un po’ di adolescenti. «Prima il Covid, poi la guerra, tutte a noi capitano», è uno dei ritornelli in aula. Poi tante domande, che sono più ricerche di conferme o smentite, visto che iniziano tutte allo stesso modo.
«È vero che la Cina sta con la Russia?», «è vero che se esci per strada ti sparano?», «è vero che i russi che protestano vengono arrestati?», «è vero che Putin userà la bomba nucleare?». Cerchi di non fare l’indovino, forte della previsione completamente fallita da quello studioso che pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina aveva spiegato per filo e per segno, su un importante periodico, perché questa non sarebbe mai potuta avvenire. «Se sbagliano gli esperti, figuriamoci il sottoscritto», provo a ribattere. Ma sapere quello che accadrà sembra urgente. E tutte quelle mani alzate – e non per chiedere di andare in bagno – parlano da sole. Oltre ai grandi temi spuntano anche i singoli episodi: l’attacco di Anonymous ai siti russi (gli hacker contro Putin è un argomento molto accattivante, per chi già a un metro dall’uscita di scuola infila il naso dentro lo schermo del cellulare), fino a questo o quell’ucraino che ha fatto scappare la famiglia in Romania ma è rimasto a combattere. Alcuni racconti li conosco, altri no, altri ancora mi suonano troppo strani per essere ricordati bene. Ad ogni modo, uno lo tiro fuori anch’io, parlando di un caro amico e grande giornalista che è andato a Kiev, sotto le bombe, per farci sapere attraverso i suoi articoli cosa sta accadendo. Forse ho sbagliato, penso un secondo dopo, perché i ragazzi hanno lo sguardo un po’ stupito, come se fossero preoccupati anche per lui. È solo un’impressione, o forse no. Dev’essere accaduto qualcosa se dei 12enni temono per la vita di un giornalista che hanno appena sentito nominare, oltre a quella di tanti ucraini.
Ci si può volere bene anche senza conoscersi. Anch’io, da qualche giorno, non riesco a non pensare ai nonni di Andriy.
Lorenzo Galliani
Avvenire, 3 marzo 2022