UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Professori «a distanza»: fatica necessaria ma con tanti problemi

Una ricerca dell’Università di Verona
2 Luglio 2020

La didattica a distanza è una soluzione per l’emergenza, ma la scuola in presenza resta imprescindibile e insostituibile, perché l’insegnamento efficace e l’apprendimento motivato passano soltanto attraverso una relazione vissuta di persona.

È quanto emerge dalla ricerca «La didattica al tempo del Covid-19: i vissuti degli insegnanti», promossa da Luigina Mortari, Federica Valbusa, Marco Ubbiali e Rosi Bombieri del Dipartimento di Scienze umane dell’università di Verona, con l’obiettivo di conoscere le esperienze dei docenti nei difficili mesi del coronavirus, quando la vita scolastica ordinaria ha subito un improvviso arresto e la didattica ha dovuto sperimentare forme nuove di organizzazione.

Finora lo studio ha coinvolto 955 docenti in scuole di ogni grado, cui è stato chiesto (grazie a una piattaforma digitale) di raccontare per iscritto qualcosa della loro esperienza di insegnanti in questi mesi. «Affrontando l’emergenza – sintetizza la pedagogista Mortari, coordinatrice del gruppo di ricerca – gli insegnanti hanno acquisito sul campo una sapienza esperienziale che non può rimanere inascoltata, ma deve anzi rappresentare la base di conoscenze, competenze e sensibilità da cui ripartire. Per questo chi ha responsabilità politiche deve ascoltare la loro voce».

La mancanza del contatto interpersonale è il primo dei difetti evidenziati dai docenti. Certo, la didattica a distanza ha consentito di continuare a insegnare offrendo a bambini e ragazzi un’occasione di incontro, per quanto virtuale; ma non può bastare. Moltissimi poi non avevano la preparazione digitale adatta ad affrontare la riorganizzazione didattica richiesta dalla scuola a distanza e in alcuni casi hanno dovuto 'arrangiarsi' da soli. Se molti insegnanti si sono cimentati nella sperimentazione di nuovi strumenti (risorse preziose da utilizzare anche al rientro), tuttavia il lavoro è cresciuto anche a causa di eccessivi adempimenti burocratici, tanto che qualcuno ha reclamato un «diritto alla disconnessione» per le troppe ore passate al computer.

Più sottile la lamentela sintetizzata in un’espressione significativa: «Questi mesi non sono stati per niente democratici... ». In che senso? «La scuola a distanza – dipana il ricercatore Ubbiali – non solo è poco inclusiva, perché rende difficile il coinvolgimento di bambini con bisogni educativi speciali o stranieri, ma aumenta le disuguaglianze: infatti aumenta il divario di apprendimento fra chi è più seguito e chi meno dalle famiglie. Non solo non tutti gli alunni possono permettersi di avere un computer e una connessione, ma le competenze digitali dei genitori segnano un discrimine di opportunità».

Altri problemi emersi riguardano la difficoltà della valutazione (la didattica a distanza rende infatti necessario ripensare il metodo per 'dare i voti') e la poca chiarezza delle indicazioni ministeriali soprattutto sulle modalità di riapertura in sicurezza, che a lungo sono rimaste un’incognita, o sul destino delle scuole paritarie.

Avvenire, 2 luglio 2020