UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Prof in strada, prime risposte alla Dad

E in classe i disabili non sono più soli
18 Novembre 2020

Sui marciapiedi oppure seduti per terra ad ascoltare l’insegnante che fa lezione davanti ai cancelli dell’istituto scolastico chiusi per decreto. C’è chi teme lo stop a oltranza e alla didattica a distanza proprio non ci sta. E così la protesta dilaga in ogni parte d’Italia. E non mancano anche i gesti di solidarietà nei confronti di chi fa più fatica degli altri a studiare alle condizioni imposte dall’emergenza Covid.

La prof di Cuneo. Da ieri alle 8, sotto i portici di corso Giolitti, di fianco all’ingresso del liceo Peano-Pellico, la docente di storia dell’arte Sara Masoero, con guanti e mascherina, tavolino e sedia portati da casa, annuncia che insegnerà lì, a oltranza, «finché le scuole riapriranno». Ha con sè anche i libri di testo, gli appunti e un tablet. «La didattica a distanza? Va bene per periodi brevi – dice – in emergenza, ma non è scuola e mai lo sarà». Lunedì la prof aveva informato con una mail tutti gli alunni delle sue 9 classi che l’avrebbero trovata lì, a disposizione. «Dobbiamo farci sentire – dice –. Dobbiamo fare capire che le scuole chiuse non sono la soluzione. In tre mesi in estate le scuole si sono attrezzate e questa situazione svilisce tutti e non aiuta nessuno». Ieri una bidella al cambio d’ora le ha portato un tè caldo e un’insegnante di sostegno le ha manifestato solidarietà. E oggi lei è di nuovo presente, dalle 8 alle 13, seduta alla sua cattedra improvvisata. «Sarà così finché le cose non cambieranno».

Gli studenti sul marciapiede. Erano in cinque ieri mattina, nel cuore di Firenze, a seguire la lezione sull’energia termica della professoressa di fisica Maria Angela Vitali, accanto al portone del liceo scientifico Castelnuovo mentre il resto della classe ha partecipato da casa, attraverso il computer. È un “presidio didattico” organizzato dal comitato “Priorità alla scuola”. Il comitato sta raccogliendo le adesioni di altri docenti su tutto il territorio nazionale: analoghe iniziative sono state annunciate a Roma, Milano e Bologna. Non si ferma, intanto, la protesta di Anita e Lisa, allieve 12enni della media Italo Calvino di Torino, che da giorni partecipano alle lezioni a distanza all’esterno del loro istituto, a due passi dalla Mole Antonelliana.

Il liceo di Torino. Anche ieri, gli studenti del vicino liceo Gioberti di via Sant’Ottavio hanno deciso di seguire la Dad non da casa ma seduti per terra e sui gradoni dell’ingresso della scuola. Ma in serata è arrivata la doccia fredda: una circolare, firmata dalla dirigente scolastica Miriam Pescatore, annuncia agli studenti che «non è consentito il collegamento da luoghi diversi dalla propria abitazione, per ragioni di sicurezza e responsabilità».

La battaglia delle mamme. E pure i genitori scendono in campo. «Le scuole sono un luogo sicuro, la Dad deve rimanere uno strumento straordinario» dicono le mamme del comitato costituito a Milano: si sono ritrovate in piazza della Scala, davanti al Comune. «Respingiamo ogni negazionismo, sappiamo che la malattia è seria, però ci chiediamo se la chiusura è l’unica soluzione possibile per i nostri ragazzi» dicono. Tra i loro figli c’è chi dal 24 febbraio ha fatto solo 18 giorni in presenza, e adesso è spaesato.

«Passano tutto il tempo davanti a uno schermo: possibile che non si possa inventare almeno un filo rosso per tenerli legati alla scuola? Che so, almeno un giorno a settimana per fare le verifiche. I nostri ragazzi quando escono sono molto meno sicuri che in classe. Noi genitori ci aspettavamo una ripresa a maggio o giugno, proprio per dare un segnale. Invece niente».

Lettere a chi comanda. Costretti a sospendere le attività, oltre 65 scuole di musica del- l’Emilia-Romagna riconosciute dalla Regione si sono unite e hanno scritto e una lettera all’Urp regionale, chiedendo la possibilità di riprendere le lezioni individuali. I rappresentanti degli studenti hanno scritto al premier Conte. «La sfida che abbiamo di fronte è gigantesca: da come la affronteremo dipenderà, senza il rischio di risultare retorici, il futuro del nostro Paese» affermano nella lettera Federico Allegretti, della Rete degli studenti medi ed Enrico Gulluni, dell’Unione degli universitari. «Bisogna mettere insieme tutte le forze, senza lasciare indietro nessuno: non possiamo pensare di progettare il domani senza il coinvolgimento di chi ce l’ha in mano, studentesse e studenti di tutta Italia. Non andrà tutto bene, presidente Conte, se non ci darete retta una volta per tutte, perché la prossima generazione è la nostra».

E c’è chi torna in aula per aiutare gli altri. Una cinquantina di studenti sono tornati in classe, nonostante la Dad, per stare vicino ai compagni con disabilità che seguono ancora le lezioni in aula. Succede all’Itc Salvemini di Casalecchio di Reno, vicino Bologna. Sono 150 gli studenti presenti e, in ogni aula, un massimo in 5. Il preside Carlo Braga ha fatto valere una circolare del Miur collegata al Dpcm, che «consente il ritorno in aula a piccoli gruppi di ragazzi meritevoli – ha spiegato – da affiancare agli alunni disabili, quelli con disturbi dell’apprendimento o con bisogni speciali».

Fulvio Fulvi

Avvenire, 18 novembre 2020