UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Povertà educativa minorile scende in campo l’Europa

Migliora la situazione di Neet e abbandoni scolastici, ma l’Italia resta al di sopra della media europea
12 Gennaio 2022

Il contrasto alla povertà educativa minorile riguarda la comunità in tutte le sue espressioni che devono sentirsi coinvolti in quella che risulta essere la sfida più significativa per il nostro Paese da qui ai prossimi anni. Prende le mosse da qui “Dal sistema di garanzia dell’infanzia ai patti educativi di comunità”, contributo dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) al dibattito sull’utilizzo dei fondi europei del Pnrr. Firmato dai ricercatori Pasquale di Padova, Anna Rita Piesco, Marco Marucci e Cristiana Porcarelli, il volumetto analizza l’impatto della Raccomandazione del Consiglio (UE) che ha istituito la Garanzia europea per l’infanzia (European Child Guarantee), sulle politiche di contrasto alla povertà minorile, compresa quella educativa, di cui i Patti educativi di comunità, introdotti dal Piano scuola 2020/2021, rappresentano una 'buona pratica'.

A rischio 1,3 milioni di minori Il quadro di riferimento è preoccupante e, secondo dati Istat 2020, vede 1,3 milioni di minori italiani (l’11,5% del totale) vivere in condizioni di povertà assoluta. Incidenza che al Sud arriva al 14,4%. A livello europeo, si stimano quasi 18 milioni. In Italia, infine, è delicata la situazione dei figli minori di genitori stranieri: mentre per quelli con genitori italiani il rischio povertà è stabile al 23% da un decennio (più alto di 4-5 punti sulla media UE), per i minori di origine stranieri riguarda il 33,9% della popolazione.

Tra Neet e abbandono scolastico «La situazione non migliora andando ad esaminare gli anni iniziali della transizione dalla scuola al lavoro, che sono cruciali in quanto in grado di indirizzare in maniera decisiva i percorsi di passaggio alla vita adulta – si legge nello studio –. Dal 2009 ad oggi, il tasso di giovani fra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano (Neet) è rimasto stabile intorno al 20%, con un picco del 22% nel 2014, mentre la discesa iniziata nel 2015 si è interrotta nel 2020, anno in cui la quota è risalita al 18,9%, toccando un valore molto simile a quelli del dopo 2008. Nel periodo considerato, il dato italiano supera la media Ue-27, con un divario che è andato ampliandosi fino al 2014, attestandosi poi intorno all’8-9% (dato Eurostat). Per quanto riguarda gli abbandoni scolastici – prosegue la ricerca – ossia la quota di 18-24enni che hanno lasciato gli studi con al più il diploma di scuola secondaria di primo grado e che non sono impegnati in percorsi di istruzione e/o formazione al momento dell’intervista, sebbene dal 2000 a oggi la tendenza alla riduzione del fenomeno sia proseguita senza interruzioni (per l’Italia si è passati dal 22,1% del 2005 al 13,1% del 2020), si osserva ancora una volta, tuttavia, un ritardo del nostro Paese rispetto alla media Ue-28 di 4-5 punti percentuali nel periodo considerato».

La Garanzia europea In questo contesto si inserisce la 'Child Guarantee', la 'Garanzia europea per l’infanzia', che attua il principio 11 del Piano d’azione sul Pilastro europeo dei diritti sociali sull’assistenza all’infanzia e sul sostegno ai bambini. Tre gli obiettivi da conseguire entro il 2030: almeno il 78% della popolazione tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un lavoro; almeno il 60% degli adulti partecipare ogni anno ad attività

di formazione; le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale dovrebbero essere ridotte di almeno 15 milioni. Per raggiungere questi risultati, l’Ue ha messo in campo il più grande sistema di incentivi mai finanziato: 1.800 miliardi per «aiutare l’Europa a riprendersi dalla crisi da Covid-19 e per elaborare piani di azione nazionali (Piani nazionali di ripresa e resilienza) che abbiano l’obiettivo di rendere le economie e le società europee più sostenibili, resilienti, eque e meglio preparate alle sfide e alle opportunità delle transizioni verdi e digitali».

Comunità protagoniste La messa in pratica di questi progetti riguarda il protagonismo delle comunità locali, chiamate a fare rete, operando come una vera 'comunità educante', di cui fanno parte la famiglia e la scuola, ma anche le organizzazioni del Terzo settore, il privato sociale, le istituzioni pubbliche, la società civile, le parrocchie, le università e i giovani. «Nei Patti come nella Child Guarantee – si legge nel contributo dell’Inapp – la partecipazione attiva degli studenti rappresenta un elemento chiave per sviluppare quella competenza denominata 'cittadinanza attiva'. Per quanto riguarda gli ambiti di applicazione, le aree di intervento previste nei Patti educativi sono molteplici e in relazione agli attori coinvolti: si spazia dall’attività motoria alla musica, da laboratori di arte e creatività alle tecnologie informatiche fino a percorsi di apprendimento 'green' legati a tematiche ambientali e recupero del territorio».

Paolo Ferrario

Avvenire, 12 gennaio 2022