Per l’Istruzione e la Ricerca il PNRR riceve complessivamente 33,81 miliardi, presi soprattutto da Next Generation Eu (30,88) e il resto da React - Eu (un miliardo anche dal Fondo Nazionale). In buona sostanza, però, gran parte dei fondi andranno all’Istruzione, lasciandone 12,92 alla Ricerca: si è provato, inutilmente, a chiedere un aumento nella misura di 15 miliardi in cinque anni, almeno per raggiungere i livelli di finanziamento pubblici francesi. Un po’ di delusione resta, intanto si cerca, nel governo, insieme al Consiglio universitario nazionale (Cun), di far di necessità virtù e ci si riorganizza per il reclutamento, cercando proprio di rendere più stabili le figure dei ricercatori, che si trovano sballottati fra università che investono e altre che hanno bloccato i concorsi.
In questi giorni è in discussione il cambiamento della legge sul reclutamento. Al momento, leggendo gli atti ufficiali in discussione, pare che si sopprimerà il ricercatore di tipo A, ma si porterà a 7 anni il periodo per il ricercatore tipo B. Ma di fatto il concorso sarebbe simile (anche nella retribuzione) a quello per un associato. Dai lavori parlamentari e da una nota del Cun emerge un’altra novità: non potrebbero partecipare al concorso per ricercatori coloro che, negli ultimi 5 anni, hanno lavorato in quella stessa università.
La proposta ha già suscitato la critica del Cun. Un 'allievo', spesso, avrebbe bisogno di poter continuare l’attività del 'maestro'. In fondo la legge 240/2010 art. 18 comma 4, ad oggi, assicura già una porzione di risorse alla chiamata cosiddetti 'esterni'. Per cui se da un lato la mobilità è valore, dall’altro non può diventare un ulteriore elemento di precarietà (sempre poi a discapito dei più giovani, che in Italia finiscono per essere considerati tali almeno fino ai 45 anni d’età).
Dal Cun arriva quindi un appunto per la ministra Messa sull’Articolo 5, comma 1 b): il principio della mobilità, di grande valore, deve essere perseguito attraverso meccanismi d’incentivazione, sia per le sedi sia per i singoli ricercatori, piuttosto che attraverso prescrizioni perentorie, peraltro di dubbia legittimità. Ogni provvedimento andrebbe introdotto con gradualità, per evitare di penalizzare giovani che hanno maturato scelte prima dell’introduzione della norma stessa.
Dorella Cianci
Avvenire, 25 giugno 2021