UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Perché il ripartire dalla scuola richiede anche uno sfondo etico

Adriano Fabris: non solo conoscenze e competenze, ma un piano complessivo e organico
15 Novembre 2021

Nella prospettiva di un uso virtuoso del Pnrr, la strategia del governo comprende, fra l’altro, l’intenzione concreta di ripartire dalla scuola. Finalmente, potremmo dire. La scuola italiana ha offerto e continua a offrire un’istruzione di qualità, ma denuncia ritardi e malfunzionamenti, dovuti, nel passato, a un non adeguato impegno, e soprattutto a non adeguati investimenti. Come fanno periodicamente e utilmente i vari report di istituti di ricerca e di fondazioni, potremmo anche noi rimarcare i punti di debolezza della scuola italiana, a vari livelli: dalle strutture spesso vecchie e insufficienti alle derive burocratiche che affliggono le procedure didattiche, fino alla questione – davvero centrale – della motivazione degli insegnanti. Ma sottolinearlo soltanto non risolve la situazione.

Tutto questo e molto altro ci auguriamo invece venga risolto grazie al finanziamento europeo. Il Ministero dell’Istruzione è al lavoro da tempo per questo. Ma per ottenere un risultato duraturo è necessario un piano complessivo e organico, che si sta già delineando e di cui, con alcuni provvedimenti, si cominciano a vedere le prime azioni. Esso tiene conto anzitutto dell’esperienza della pandemia, e perciò comporta una scelta chiara per le lezioni in presenza. Proprio facendo tesoro di ciò che è avvenuto negli ultimi mesi prevede poi, anche, investimenti per l’ammodernamento tecnologico delle scuole: con la consapevolezza che senza la possibilità di usare i nuovi strumenti non è possibile fare una didattica adeguata e, fra l’altro, preparare gli studenti al mondo del lavoro. Il tema dell’istruzione professionalizzante, rispetto al quale l’Italia è molto indietro nel confronto con l’Europa, è uno di quelli che sarà affrontato. Così come è già chiaro, fin da oggi, l’impegno per un’edilizia scolastica non solo da riqualificare ma da ripensare radicalmente.

Questo e, certamente, molto altro – fra cui, anzitutto, la riqualificazione e la motivazione degli insegnanti – è necessario affrontare per ripartire dopo la pandemia grazie alle risorse che stanno cominciando ad arrivare. C’è una cosa, però, che resta più al fondo e che forse dev’essere meglio esplicitata, per fare in modo che i molti interventi proposti siano davvero organici, produttivi, incisivi. Può essere introdotta con una domanda: perché è fondamentale l’educazione nella formazione delle persone? Certo, la risposta appare per molti versi scontata, e dunque la domanda stessa – come sempre accade quando le risposte appaiono prevedibili – può sembrare banale. L’educazione è fondamentale per tutti, le scienze dell’educazione ci dicono che gli individui, per crescere come tali, hanno bisogno di acquisire quelle conoscenze e di sviluppare quelle competenze che permettano loro – nelle rispettive peculiarità, specificità, differenze – di fiorire in maniera equilibrata. Gli individui, in quanto esseri sociali e non monadi, hanno bisogno di rafforzare quelle forme di comportamento corrette e di introiettare quel rispetto di regole condivise che consentano loro di rendere effettive le loro capacità relazionali e di cittadini.

Gli individui, in quanto ormai abitanti di più mondi (quelli online e quello offline, fra loro sempre più intrecciati), hanno bisogno di comprendere quelle specificità che sono proprie di tali ambienti, d’imparare a muoversi consapevolmente e in modo corretto all’interno di essi, e soprattutto di orientarsi, sicuri e fiduciosi, senza confonderli l’uno con l’altro. Potrei continuare. Ma forse queste risposte, appunto perché ben introiettate nella coscienza comune, non sono le uniche. Forse c’è qualcosa in più da ricercare, e riguarda proprio ciò che vogliamo che i nostri ragazzi imparino. Si tratta certamente di conoscenze e di competenze: quelle utili per inserirli senza ritardi nel mondo degli adulti, capaci di dar loro autonomia, in grado di favorire la loro realizzazione, ad esempio in ambito lavorativo. Ma tutto questo è possibile solo se teniamo conto di un altro sfondo, al quale tutte le pratiche educative – non quindi solo il semplice insegnamento di questa o quella cosa – vanno indirizzate.? Si tratta di uno sfondo etico. Riguarda cioè i nostri comportamenti condivisi: proprio quelli messi alla prova, fra l’altro, dal Covid-19. Tali comportamenti chiamano in causa soprattutto tre questioni: quelle relative alla responsabilità, al senso della cittadinanza e alla fiducia nei confronti degli altri.

È a tutto questo che è fondamentale educare, in primo luogo, se vogliamo formare individui che possano davvero fiorire, individualmente e socialmente, come persone. L’assunzione da parte di ciascuno della propria responsabilità è la prima e fondamentale esigenza che va riproposta e assunta adesso. I nostri comportamenti contano: per la salute propria, e per la salute degli altri. Così come contano, proprio perché hanno conseguenze che riguardano tanto noi quanto gli altri, quelle scelte che facciamo sia nei confronti dell’ambiente che rispetto alle altre persone, sia offline che online. Acquisire la consapevolezza del proprio essere responsabili nei confronti della realtà, anzi, diventa la motivazione di fondo, la molla che può spingere i nostri bambini e i nostri ragazzi a vedere qual è, per loro, il modo migliore per realizzarsi, e dunque per trovare il proprio posto nella società: la motivazione, la molla per studiare.

Anche il senso di cittadinanza, di appartenenza a una comunità, a un gruppo, a una famiglia, è ciò che in quest’ultimo anno e mezzo è emerso con evidenza, almeno in Italia. Non solo per gli striscioni apparsi alle finestre durante il primo lockdown, o nella partecipazione emotiva, più intensa che nel passato, alle vicende di chi soffre o gioisce, ma soprattutto nel vedere all’opera tante persone che si sono spese per le loro comunità. Anche a questa forma di relazionalità concreta la scuola è chiamata a educare. Lo fa con l’educazione civica, intesa in termini sostanziali e secondo quanto viene ben articolato dalla legge 92/2019. Questo è davvero fondamentale nell’educazione di tutti.

Infine l’ultimo atteggiamento chiave a cui educare se vogliamo davvero che la scuola possa davvero essere rilanciata è la fiducia. Non intendo un cieco fidarsi del primo discorso capace di convincere ma un’apertura seria e rispettosa, sempre vigile e critica, alle posizioni dell’altro, anche se molto diverse dalle mie. È una fiducia che evita l’immedesimazione, il semplice e immediato 'mi piace' dei social, e apre al divenire capaci – nell’epoca delle estremizzazioni e delle contrapposizioni in cui spesso ci troviamo a vivere – d’individuare un punto di mediazione, riconoscendo che anche l’altro può avere dalla sua delle buone ragioni. Capire tutto ciò e farlo capire è alla base di quegli strumenti didattici – dal 'debate' al laboratorio di ricerca comune – che presuppongono per funzionare proprio il collante della fiducia reciproca.

La scuola è il 'player' fondamentale per lo sviluppo dell’Italia che sta ripartendo. Lo è e lo potrà essere sempre di più non solo perché anche grazie al Pnrr colmerà alcuni ritardi a livello europeo e realizzerà una formazione tecnico-scientifica e culturale all’altezza delle richieste della società contemporanea, come tutti ci auguriamo. Lo è lo potrà essere se anzitutto l’agire concreto di insegnanti e studenti sarà motivato, consapevole del compito principale che a tutti loro – a tutti noi – viene dato: quello di realizzarci insieme e grazie agli altri. Il fatto di ricordarcelo e di poterlo compiere rende l’educazione davvero fondamentale per tutti, oggi più di prima.

Adriano Fabris

Avvenire, 13 novembre 2021