Se nei posti chiave della società, dell’economia e della politica le donne restano in affanno rispetto agli uomini con gravi pregiudizi nei loro confronti, nella scuola i risultati e le performance vanno in direzione opposta. Sono i maschi a restare indietro. Succede a volte di non accorgersi di fenomeni sostanzialmente eclatanti: si formano progressivamente e pian piano diventano parte di un panorama comune a cui ci abituiamo. È indubbiamente quello che è accaduto negli ultimi decenni relativamente al disagio scolastico degli alunni maschi.
Devo dire che anche io non me ne ero mai accorto. Poi, mentre scrivevo il libro “Non è colpa dei bambini” contro gli eccessi di certificazioni neuropsichiatriche a scuola e non solo, mi imbattei in una dato dove appariva chiaramente che, nel contesto scolastico italiano, le certificazioni neuropsichiatriche che riguardavano bambini e ragazzi maschi erano in numero doppio rispetto a quelle delle bambine e ragazze femmine: nella scuola primaria quelle dei maschi erano il 68,1%, nella secondaria di primo grado il 64,3%.
Provai a cercare di capire se esistevano risposte sul piano neurologico, ma non ne ho trovate, se non alcune supposizioni, neanche tanto accreditate. I dati confermano le difficoltà scolastiche dei maschi. Tutto il percorso scolastico dei bambini e dei ragazzi esprime un disagio: i maschi abbandonano la scuola in una percentuale più alta delle femmine (5,1% contro 3,4% nella secondaria di secondo grado); i maschi si diplomano con una votazione più bassa; i maschi più raramente raggiungono il terzo livello di istruzione, al punto che ormai anche fra i laureati la prevalenza è decisamente femminile, anche in facoltà scientifiche come medicina.
Resiste il fortino maschile di ingegneria e informatica ma appare legato a stereotipi talmente banali che non penso durerà tantissimo. Di fatto le ragazze hanno una possibilità decisamente maggiore di percorrere la carriera scolastica in modo favorevole e positivo senza incorrere come i maschi in bocciature, debiti a settembre, dispersioni, ritiri, frequentazione di scuole non esattamente di primo ordine. Questa disuguaglianza influisce negativamente anche sulle femmine, perpetuando stereotipi di genere che si ritenevano superati. Le bambine devono 'fare le brave' anche a scuola: stare tranquille, silenziose, comportarsi bene, non litigare, dedicarsi ad apprendere. È tutto quello che ci si aspetta da loro, anche per il futuro. E quelle che non si adeguano alle aspettative probabilmente hanno qualche disturbo.
Nel 2014 sulla rivista Conflitti realizzammo un’inchiesta sul tema della femminilizzazione del personale scolastico in Italia. Un dato che dall’Europa è segnalato come particolarmente alto (Grafico 5), senz’altro superiore alla media europea che già di per sé è in crescita. Queste tendenze tendono a coincidere con il disagio scolastico maschile che si è presentato in termini statisticamente significativi soprattutto negli ultimi 30 anni, quando la femminilizzazione del comparto professionale della scuola è diventata estremamente pervasiva. Perché oggi un’insegnante donna dovrebbe avere un occhio pregiudiziale nei confronti dei suoi alunni maschi? L a faccenda non è semplicissima, posso fare solo delle ipotesi perché non esistono ricerche specifiche sulla questione, e il dato sulla femminilizzazione della scuola italiana è l’unica correlazione che personalmente sono riuscito a trovare.
Un’ipotesi, ma tutta da verificare, potrebbe essere che l’insegnante donna finisca per riversare nell’attività scolastica il riflesso di rapporti non ottimali con le figure maschili nella propria infanzia e adolescenza, scaturenti a volte da figure paterne che assumevano ruoli oppressivi o erano assenti, altre da coetanei con comportamenti scorretti. Smaltire secoli e secoli di vessazioni è problematico. E così nello spazio spesso chiuso e un po’ claustrofobico della classe, dentro i confini di una valutazione ancora piuttosto arbitraria e discrezionale, la tentazione inconscia di risolvere i conflitti con i fantasmi oppressivi della propria infanzia e adolescenza attraverso la proiezione sui maschi di un risarcimento che viceversa non può essere reclamato, può essere messa inconsapevolmente in atto. Ipotesi, appunto, niente di definito ma su quali siano le cause per cui la scuola sta diventando progressivamente inospitale per i maschi, occorre al più presto aprire una finestra di riflessione. Si tratta di una questione decisamente importante che rischia di restare soffocata dalla legittima recriminazione femminile sulla marginale presenza delle donne nei ruoli chiave della società. Sono qui in gioco i bisogni educativi di una generazione. Il problema esiste e solo una scuola davvero di qualità, potrà farvi fronte.
Daniele Novara
Pedagogista, ha appena pubblicato 'Cambiare la scuola si può' (Bur-Rizzoli)
Avvenire, 15 novembre 2018