UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Per vincere la paura i giovani devono reimparare l’amicizia»

Anna Ogliari (San Raffaele): la fragilità appartiene alla persona
11 Maggio 2021

Le richieste di ricovero di giovani arrivano da tutta Italia, e ognuna è un grido che chiede aiuto per affrontare un nemico che fa paura: tentativi di suicidio, atti autolesionistici, disturbi del comportamento alimentare o di natura ansioso-depressiva, dipendenze patologiche. Sintomi legati alle difficoltà portate dal Covid- 19, al lockdown, al distanziamento forzato, alla ripresa delle attività scolastiche in presenza. «I giovani sono tra i soggetti più colpiti, ma anche gli adulti manifestano molte difficoltà».

Anna Ogliari è professore associato di Psicologia clinica all’Università Vita-Salute e responsabile del servizio di psicopatologia dello sviluppo all’ospedale San Raffaele di Milano, un osservatorio privilegiato per capire le derive in corso nel mondo giovanile. «Vediamo quadri clinici molto gravi. Il lockdown ha portato a galla difficoltà già presenti anche se a volte latenti e costringe a fare i conti con la fragilità che non va vista necessariamente come un difetto ma rappresenta un dato costitutivo della persona, che appartiene alla sua natura profonda tanto da diventare un punto importante da cui ripartire per diventare più consapevoli di ciò che ci costituisce. Il mio lavoro mi porta a parlare molto con i ragazzi e le famiglie, un ascolto attento aiuta a mettere a fuoco le debolezze ma anche i punti di forza e a impostare percorsi di cura psicoterapici o farmacologici rispettosi delle caratteristiche di ogni individuo e che non tengano conto solo della “fretta di guarire”, ma siano risposte articolate alle condizioni psicologiche e psicopatologiche».

Anche il rientro a scuola e in società dopo una lunga parentesi di isolamento può diventare fonte di ansia. Paura del mondo esterno, timore di ammalarsi o di contagiare i propri cari, la convinzione di non ritrovare il mondo che si conosceva prima: è la sindrome sella capanna, in cui si preferisce restare al riparo. «Molti giovani hanno visto indebolirsi un contesto relazionale che appartiene alla normalità della crescita e che fa parte della struttura di ogni persona. Mi hanno colpito le parole dette da un insegnante a una mia giovane paziente che non voleva rientrare a scuola: “Tu hai paura, ma non pensare di essere l’unica. Dobbiamo tutti nuovamente imparare a ’guardare’ l’altro, dobbiamo reimparare cosa è l’amicizia”. Siamo fatti per essere in relazione con l’altro, e per questo non esistono vaccini, c’è un lavoro da fare per riscoprire le risorse che abbiamo dentro di noi». Una cartina tornasole del disagio giovanile sono i disturbi del comportamento alimentare, dall’anoressia, alla bulimia e all’obesità.

«Nell’ultimo anno le richieste di aiuto per i ragazzi tra i 13 e i 18 anni sono aumentate del 50%. C’è chi si priva del cibo con perdite di peso che arrivano a 10 chili in pochi mesi, e chi invece non riesce ad avere il controllo. Aumentano la gravità dei casi e la rapidità con cui insorge un quadro patologico, si è abbassata l’età di esordio e sta aumentando la percentuale dei maschi. Per queste problematiche è fondamentale la dimensione dell’ascolto e della cura multidisciplinare e servono tempo e pazienza, anche se spesso ci dobbiamo confrontare con l’ansia di guarigione in tempi rapidi».

Anche sul terreno delle problematiche psichiche e comportamentali l’emergenza provocata dal coronavirus ha messo in evidenza la necessità di un potenziamento della medicina territoriale e di una collaborazione più stretta, in particolare con la scuola, per affrontare le problematiche legate al mondo giovanile. In questi mesi la professoressa Ogliari ha partecipato ad alcuni webinar nei quali è emersa la richiesta di formazione da parte dei docenti e l’importanza della figura dello psicologo e la necessità di potenziarne l’intervento nelle scuole. «Domandano di essere aiutati a capire come stare di fronte alle nuove sfide, a partire da quelle legate alla didattica a distanza. Più di un insegnante ha detto: “Dobbiamo verificare il livello di apprendimento dei ragazzi, ma la prima cosa che ci viene da chiedere quando li rivediamo è: come stai?” È solo dentro un rapporto sereno tra studenti e docenti che la scuola può davvero ripartire, e per questo è fondamentale che anche gli adulti sappiano fare i conti con le loro fragilità».

Giorgio Paolucci

Avvenire, 11 maggio 2021