UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Per 6 adolescenti su 10 nulla è più come prima»

I risultati di una ricerca di Università Cattolica e Fondazione Soleterre
23 Febbraio 2022

«Lavorare con gli adolescenti significa non dimenticarsi di chi è loro accanto: le famiglie, gli insegnanti. Quindi supportare chi li supporta. E poi puntare sulla prevenzione, sull’ascolto, per accogliere senza timore le paure e le emozioni dei ragazzi. Il bonus psicologo appena approvato e finanziato è un primo passo sul riconoscimento dell’impatto che il Covid ha lasciato non solo dal punto di vista della salute fisica, ma della salute mentale. È la malattia della solitudine: ha creato una paura dell’altro, una barriera che crea distanza. Speriamo che le relazioni, alla base del benessere psicologico, possano essere riprese nella quotidianità, anche se non sarà quella di prima». Chiara Ionio, docente di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università Cattolica di Milano, lo ha sottolineato giovedì sera durante una diretta Facebook su 'Le conseguenze del Covid sugli adolescenti', promossa dalla Fondazione Charlie onlus. È intervenuto anche l’insegnante Francesco Mori, assessore alle Politiche educative e scolastiche del Comune di Pontedera (Pisa): «Su emotività e affettività la scuola ha lavorato poco, travolta dalla pandemia nel colmare disagi tecnologici e strutturali. La Dad non è stata sufficiente, ai ragazzi sono mancati incontri fisici e routine. Ora è importante accostarsi a loro senza paura, invece forse siamo ancora nella fase di un ascolto ancora distratto o intimorito».

Coordinatrice di una ricerca svolta dall’Unità sulla psicologia del trauma della Cattolica in collaborazione con la Fondazione Soleterre, la professoressa Ionio ha chiarito che si tratta di uno studio «ancora in atto, aperto: stiamo monitorando i ragazzi nel lungo periodo per verificare qual è la loro risposta psichica all’evento Covid, uno tsunami che ha stravolto la vita, un trauma sociale che li ha sopraffatti. Quindi l’importante è rimettere in moto le risorse che hanno». I dati finora emersi sono impressionanti: su un campione di 214 adolescenti fra i 14 e i 19 anni, la metà ha avuto un parente o amico positivo e un ragazzo su cinque ha vissuto il ricovero in ospedale di un familiare o di un amico. Ben il 62% ha individuato nella pandemia «un elemento di cambiamento centrale della propria storia di vita. Come tutti gli eventi traumatici e dolorosi, è uno spartiacque che ha modificato il modo in cui i ragazzi vedono il loro futuro. Un 17enne ha detto che dentro di lui vive un quindicenne, perché 'a me questi due anni non me li ridà nessuno'. Questo tempo li ha incapsulati». E il 40% ha manifestato «la difficoltà di dare un senso a quello che provano, di dare un nome alle emozioni che a volte confluiscono in comportamenti aggressivi e anche autolesivi, con una rabbia rivolta a se stessi. L’8,3% ha un disturbo post- traumatico da stress, il 28,4% un’iperattivazione ansiosa con problemi nel sonno e nel mantenere la concentrazione, fino a evitare luoghi o situazioni connessi all’evento traumatico: alcuni fanno fatica a tornare a scuola, percepita come luogo potenzialmente pericoloso per infettarsi. Il 28,4% registra sintomi depressivi moderati, a cui possono essere legati i disturbi dell’alimentazione». La problematica più diffusa? «L’isolamento sociale e la volontà di continuare a vivere all’interno della bolla domestica».

Laura Badaracchi

Avvenire, 19 febbraio 2022