Pedagogisti ed educatori sono come un fiume carsico che scorre sotterraneo: raramente salgono alla ribalta ma la loro professionalità innerva tutti gli ambiti della vita, ogni età dell’esistenza, dalla scuola ai servizi educativi, dalla formazione delle risorse umane per le organizzazioni fino al coordinamento dei servizi per la terza età. Specialisti della progettazione, i pedagogisti operano in azienda e nella formazione professionale, nella consulenza e nel coordinamento dei servizi all’infanzia, nei consultori familiari, nelle aree della media education e dell’onlife, della marginalità e del disagio, dei bisogni educativi speciali e dei processi interculturali, della formazione alla sostenibilità e alla transizione ecologica, nell’intero spettro delle età della vita, professionisti delle relazioni educative per costruire la comunità. Professionisti coi fiocchi. Che, per la legge, sono ora professionisti con tanto di albo e ordine. Lo sono da poco: è entrato in vigore l’8 maggio – solo qualche giorno fa – il decreto legge 55/2024 che istituisce l’albo dei pedagogisti e l’albo degli educatori professionali sociopedagogici, nonché l’Ordine professionale che regolamenta le professioni pedagogiche ed educative.
Già: fino a ora la rilevanza della professione pedagogica non aveva una “casa” riconosciuta, una mancanza che il Parlamento, all’unanimità, ha provveduto a sanare. È un merito conquistato sul campo attraverso un apprezzato e duro lavoro che ogni giorno “tiene unita” la società.
Pierluigi Malavasi, direttore del Dipartimento di Pedagogia dell’Università Cattolica e Presidente della Società Italiana di Pedagogia, non nasconde la propria soddisfazione: «Pedagogisti ed educatori garantiscono la tenuta delle relazioni educative, anche in contesti difficili, di disagio e marginalità. È giusto tutelare maggiormente questi lavoratori, dal punto di vista giuridico ed economico, del riconoscimento professionale. L’istituzione dell’ordine e dell’albo conferisce loro riconoscibilità».
Quelle del pedagogista e dell’educatore sono figure che esistono da tempo e il loro lavoro, aperto alle sfide, con competenze accademiche, formative e gestionali è finalmente riconosciuto: «Cambiano, le tutele giuridiche che si vedranno riconoscere. La legge sana potenzialmente una disparità di percezione e trattamento rispetto ad altre professioni, ratificando e normando quello che nella realtà è già avvenuto. Sono tanti e sono bravi gli educatori e i pedagogisti italiani – prosegue Malavasi – ma dovrebbero essere di più. C’è una grandissima richiesta di queste figure, in contenti diversissimi ma tutti cruciali. Svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo di un sistema di welfare a servizio delle persone, delle famiglie, delle aziende, della comunità, sovente impegnati nelle frontiere della nostra società per contrastare le povertà e promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascuna e ciascuno, in ogni età della vita».
Esulta anche Maria Angela Grassi, presidente dell’Anpe, l’Associazione nazionale pedagogisti italiani: «Sono 34 anni che mi batto per questo traguardo, metà della mia vita. Un riconoscimento che professioni limitrofe, come gli psicologi gli assistenti sociali hanno ottenuto da tempo. Importante perché – spiega – gli ambiti di intervento di pedagogisti ed educatori non potranno più essere attribuiti ad altri, affidati, come è invece successo fino a oggi, a figure generiche e addirittura prive di titoli». Se pedagogisti ed educatori faticano a entrare nel mondo del lavoro, sarebbe stato assurdo – paradossalmente – continuare a formarli: «Molti hanno trovato l’unico sbocco nella scuola, come insegnanti o dirigenti scolastici. Invece, il pedagogista si occupa di educazione delle persone da quando nascono a quando muoiono, anzi. Anche prima che nascano, se si dedicano ai genitori in attesa di un figlio». Oggi l’importanza dell’aspetto educativo viene misconosciuta: «Prendiamo proprio la scuola, dove è sempre più spesso presente lo psicologo, che è una figura sanitaria con la conseguenza che ogni problema viene patologizzato. Ma spesso, prima di consultare lo psicologo, sarebbe più utile e risolutivo rivolgersi al pedagogista, scegliere un approccio che faccia emergere potenzialità e risorse delle persone». Bambini, adulti o anziani che siano.
Nicoletta Martinelli
Avvenire, 12 maggio 2024