Non passa giorno che non si legga di “appelli” di gruppi di intellettuali per una “nuova scuola”, una “nuova educazione”, un “nuovo sistema formativo”, a conferma del fatto che quello esistente non soddisfa quasi più nessuno, Pareri e opinioni al riguardo si sprecano anche se i tratti del contesto, in cui la scuola dovrebbe ridisegnare la propria mission formativa, appaiono abbastanza definiti. Ciò può essere tradotto in tre termini: equità, capacitazioni ed educazione generativa.
Equità. Tutta la questione del dovere dello Stato moderno di assicurare il “benessere sociale” dei suoi cittadini esplode: quando i “cittadini” che vivono in uno stato non sono tutti “cittadini” di quello stato (migranti, profughi, stranieri); quando si comincia riconoscere la diversità dei “punti di partenza” dei cittadini rispetto al traguardo della soddisfazione dei loro bisogni; quando si comincia a pensare alle diversità non solo come un handicap, ma come una risorsa… Ancora: come la società post-moderna è chiamata a rivedere il concetto di “giustizia sociale”, la scuola non può più prefiggersi di assicurare la “giusta formazione” attraverso la “giusta distribuzione della conoscenza”, ma deve imparare a gestire le infinite diversità delle persone che la frequentano assicurando a tutte le medesime opportunità di sviluppo dell’apprendimento.
Capacitazioni (capabilities). Si tratta di una proposta che va sotto il nome di Capabilities Approach (CA): un modo di affrontare le tematiche etico-politiche basato sullo sviluppo e ancor prima sulla possibilità di vivere una vita degna per l’individuo a partire da quelle che sono definite – appunto – capacitazioni. Rispetto al concetto di “capacità” la “capacitazione” è descritta da un minimo e un massimo di “potenziale dello svi- luppo umano” e proprio nel cammino tra le capacità minime e quelle massime che si esercita il percorso educativo richiesto dal contesto della post-modernità. Non è più questione di “talenti” da sviluppare nella misura in cui uno li possiede (come si diceva negli anni ’80); ora il tema educativo è la “mobilitazione dell’intero potenziale di miglioramento e di crescita di ognuno. Le capabilities sono definite formalmente come “modi di agire, fare ed essere, che costituiscono tipicamente la vita umana e la distinguono da altre forme di vita reali o possibili”. Ogni elenco delle capacità, rivedibile per principio a causa della sua collocazione storica, nel momento in cui si colloca nell’ottica delle capacità stesse, mette a fuoco una “dignità dell’altro” basata principalmente sulla sua ragion pratica e socievolezza.
Educazione generativa. Dunque l’educazione nell’età post-moderna non può guardare a ciò che uno “deve” diventare, ma a ciò che ogni persona può diventare investendo sul suo potenziale di “capacitazioni”, grazie all’aiuto di una giustizia non distributiva, ma solidale (equità). Ma vediamo i tratti della educazione generativa. Il progetto di vita, o l’orientamento verso il proprio futuro attraverso la dimensione creativa e “produttiva” nel senso di generazione di benessere e lavoro per sé e per gli altri; l’apprendimento continuo, ovvero la creazione delle condizioni per ricreare se stessi e partecipare al processo continuo di generazione delle conoscenze, lungo tutto l’arco della vita; la partecipazione sociale: se è vero, come è vero, quel che dice un proverbio africano (che “serve un villaggio per educare”) vale anche l’opposto, ovvero che a ogni persona, per essere integralmente educata, occorre partecipare alla vita del proprio villaggio. In altre parole la formazione non è mai soltanto un fatto individuale e la conoscenza un patrimonio personale, ma sempre una costruzione dialettica tra il soggetto e il contesto in cui vive e opera.
Italo Bassotto
La Cittadella, 12 giugno 2022