Parlare di big data, intelligenza artificiale, machine e deep learning con pennarello e lavagna di carta in compagnia di Gianni Riotta e scoprire che la Sacra Scrittura – Parola senza copyright e diritti esclusivi di interpretazione – offre delle password di accesso, quanto mai attuali, per interpretare la realtà, in un viaggio nella Bibbia con Lidia Maggi. Promuovere i linguaggi multimediali per l’educazione dei ragazzi facendo alzare e incrociare le mani a un pubblico di 900 insegnanti o citare il fioretto di san Francesco sul lupo di Gubbio per scoprire il dna di sane relazioni e gestione dei conflitti, quando si sta parlando di «media-evo» o di «infosfera».
Tutto ciò può sembrare un astruso se il tema di riferimento sono le nuove tecnologie e i moderni strumenti comunicativi. In realtà si tratta di cogliere la consapevolezza che, se viviamo in una realtà plurale in termini di linguaggi e le nuove tecnologie aprono interrogativi e scenari inediti, una buona comunicazione parte dalla capacità di entrare in contatto e di trovare il ritmo e la sintonia per essere in relazione con il proprio interlocutore. E così anche il rapporto con le nuove tecnologie, con gli strumenti sempre più interattivi, con un universo web che investe e abita le nostre vite, indipendentemente dalla volontà di essere on o off line, non va demonizzato o esaltato ma affrontato con senso critico, capacità di discernimento, tra strumenti e contenuti, tra cambiamenti tecnologici e rivoluzioni culturali che ne costituiscono la base.
Di tutto questo si è parlato a Padova in una due giorni organizzata per il terzo anno consecutivo dall’Ufficio scuola diocesano e dal mensile Messaggero di sant’Antonio, per una platea di 930 tra insegnanti, educatori e dirigenti di scuole statali e paritarie, dal titolo «A ritmo di touch. Tra tatto e contatto». L’agorà mediatica pone domande sulla qualità relazionale, soprattutto in ambito educativo, e l’apparente divario tra nativi e migranti digitali va smitizzato e collocato in una logica generativa, alla cui base c’è la dinamica del dono: è il suggerimento del pedagogista Domenico Simeone, perché – non c’è da illudersi – le competenze digitali non sono tutto e gli adulti/ anziani hanno un bagaglio di possibilità di e-ducare al 'senso', prezioso per i giovani di oggi che «navigano alla ricerca di un significato nella loro vita». In questo viaggio l’adulto/ insegnante/educatore «deve mettere un timone e una vela sulla barca, per far sì che la navigazione abbia un percorso».
E se l’educazione è il dono più bello in una traditio tra generazioni, ciò non toglie che ci si debba un po’ tutti formare all’uso degli strumenti e a cogliere i segnali che annunciano un disagio. L’uso improprio dei moderni strumenti può portare a dipendenze e comportamenti compulsivi, ricorda lo psichiatra Luigi Gallimberti, che mette in guardia dall’abuso digitale quando penalizza il sonno, momento prezioso in cui il cervello si purifica da tante scorie accumulate durante il giorno. Mancanza di sonno che diminuisce la capacità di concentrazione, mette a rischio la memoria, provoca variazioni di umore.
Proprio 'no', poi all’uso del tablet per far addormentare i piccini. Non va meglio nella fascia adolescenziale, ha ricordato Alessio Vieno, psicologo dell’ateneo patavino: la generazione nata con l’Iphone – Igen (nati dopo il 1995) – registra una diminuzione del consumo di alcol, un minore interesse per reazioni 'reali', rapporti sessuali e per quegli elementi di autonomia come la patente di guida, ma contemporaneamente aumentano iperattività, sintomi psicosomatici, problemi di addormentamento dovuti alla troppa esposizione da monitor. Ed è qui che entra in gioco l’adulto, per un uso consapevole degli strumenti.
Sara Melchiori
Avvenire, 10 settembre 2017
A questo link i materiali le relazioni del convegno: http://www.messaggerosantantonio.it/it/content/materiali-del-convegno-ritmo-di-touch-tra-tatto-e-contatto