Un aumento medio di 96 euro al mese, l’istituzione di una vera carriera degli insegnanti, più garanzie per alunni e famiglie sul fronte della continuità didattica e misure disciplinari, che arrivano fino al licenziamento, per i docenti che usano in modo improprio i social con gli alunni o si spingono fino alle molestie di carattere sessuale.
Sono gli aspetti principali del nuovo contratto degli insegnanti e del personale della scuola, delle università (esclusi i professori), degli enti di ricerca e Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica), che ha valore per il triennio 2016-2018 e andrà quindi a scadere a dicembre di quest’anno. Complessivamente, il rinnovo, siglato ieri dopo nove anni di attesa, riguarda 1.191.694 dipendenti pubblici, di cui oltre un milione nella sola scuola. A firmarlo i sindacati confederali Flc-Cgil, Cisl Fsur e Uil Scuola Rua, mentre lo Snals Confsal non ha voluto sottoscrivere l’intesa (vedi articolo sotto) e il sindacato autonomo Anief parla di «contratto vergogna» con «aumenti reali netti ridicoli».
A fronte di un incremento salariale medio di 96 euro mensili, per i docenti gli aumenti variano tra gli 80,40 e i 110 euro, mentre per i docenti dell’Afam l’aumento in busta paga sarà di 105 euro. Per gli Ata delle scuole l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’Asi di 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro.
Per garantire la continuità didattica, il nuovo contratto prevede che gli insegnanti rimangano per almeno tre anni nella scuola loro assegnata, mentre nuove misure disciplinari sono previste, si legge in una nota del Miur, «per chi usa in modo improprio, ovvero con fini non coerenti con l’obiettivo dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento, i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti. I docenti che dovessero violare la fiducia accorda loro – prosegue il comunicato – mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni, saranno licenziati». Soddisfazione per la firma del contratto è stata espressa dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli: «Valorizzare chi opera nei settori della conoscenza significa impegnarsi per garantire un futuro di qualità ai nostri giovani». Di «giusto riconosci- mento» per chi si occupa «della formazione e della crescita dei bambini e dei ragazzi», ha parlato la ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia.
Di «svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali», parlano quindi Cgil, Cisl e Uil della scuola, sottolineando che sono state riportate nell’ambito della contrattazione «materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale». «Tra le altre novità di rilievo – si legge in una nota congiunta – il diritto alla disconnessione, a tutela della dignità del lavoro, messo al riparo dall’invasività delle comunicazioni affidate alle nuove tecnologie ». Sulla firma del contratto ha twittato anche il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni («L’impegno per il mondo dell’istruzione centrale per il governo »), mentre la responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero, ha sottolineato che «la dinamica che ha portato alla firma del nuovo contratto è del tutto discutibile dal punto di vista etico», perché chiuso a ridosso delle elezioni. «Si tratta di una mancia elettorale di pochi spiccioli», attacca Centemero.
Paolo Ferrario
«Finalmente abbiamo il contratto, anche se si poteva fare di più. Per noi è un punto di partenza». È soddisfatto a metà, il presidente dei Maestri cattolici, Giuseppe Desideri, che accoglie con favore la firma dell’accordo ma ci tiene a sottolineare le «tante cose» ancora da fare per «valorizzare la figura del docente».
Sulla parte economica, il presidente dell’Aimc non nasconde l’insoddisfazione per un aumento salariale che «non ci avvicina ai parametri europei». Le buste paga dei nostri insegnanti, insomma, sono ancora «fanalino di coda» nel continente. «Gli aspetti economici – ricorda Desideri – non esauriscono, però, i contenuti del nuovo contratto. Infatti, ci saremmo aspettati più coraggio sulla definizione del profilo professionale dell’insegnante, che è abbastanza datato. Fare il docente oggi non è uguale a 20-30 anni fa, perché oggi sono richieste competenze didattiche che favoriscano, per esempio, l’inclusione degli alunni con difficoltà di apprendimento, pensiamo solo all’aumento delle diagnosi di Dsa. Inoltre, la presenza nelle classi di studenti di altre nazionalità e culture presuppone una preparazione adeguata dell’insegnante. Infine, anche l’utilizzo delle tecnologie hanno cambiato il modo di insegnare. Tutto questo rientra nel profilo dell’insegnante che abbiamo necessità di aggiornare».
Un secondo motivo di insoddisfazione, Desideri lo colloca alla voce “riconoscimento della professione docente”. «Speravamo – continua – che la firma del nuovo contratto potesse portare al riconoscimento del “lavoro che non si vede”, quello che non è svolto in classe ma che è altrettanto importante. Si pensi soltanto a tutti gli insegnanti impegnati a tenere aperte le scuole fino a sera. Un lavoro che, prima o poi, andrà riconosciuto, perché valorizzare la figura e la funzione sociale degli insegnanti porta a valorizzare di più tutta la scuola».
Tutti temi che l’Associazione dei maestri cattolici lascia sul tavolo in vista del prossimo rinnovo contrattuale, visto che quello firmato ieri scadrà a fine anno. «Ci piacerebbe che si tornasse a ragionare di organi collegiali e di collaborazione scuola-famiglia », conclude Desideri.
Paolo Ferrario
Avvenire, 10 febbraio 2018