Ogni anno, in questi giorni, si fa un grande sghignazzare sugli strafalcioni che saltano fuori agli esami di Maturità. C’è un sito che li pubblica, con grande godimento. A me questo godimento mette tristezza. Perché è un godimento sulla scuola, sulle sue fatiche, sulla sua povertà. Chi vive nella scuola non riesce a riderci.
Gli esami di Maturità non sono ridicoli, ma sono gli esami più difficili che uno studente deve affrontare, fino al giorno della laurea. In questi giorni, ci sono mezzo milioni di studenti in Italia che affrontano la prova più dura della loro vita, non ne incontreranno una uguale, qualunque sia la laurea che vogliono prendersi. Cosa c’è da ridere se qualche studente parla di “Superuomo di Freud” invece che di “Nietzsche”? In quel momento non se lo ricorda, e se dice Freud è una risposta sbagliata, ma non scema. Uno studente dice che Pirandello ha vinto l’Oscar? Ricordare un autore per i premi che ha vinto è un errore della generazione dei professori, non degli studenti. Un premio, e sia pure il Nobel, non aggiunge niente a un autore, ma provate a spiegarlo a un professore.
“D’Annunzio estetista” invece che “esteta”? Resta sempre D’Annunzio, e spesso è un vuoto abbellitore del vuoto. Ci sono studenti che la poesia “X agosto” del Pascoli la chiamano “Ics agosto”, è imperdonabile, lo so, ma in che razza di scuola hanno studiato quegli studenti? Il loro professore non ha mai pronunciato in classe quel titolo?
Uno studente dice che la “marcia su Roma” è avvenuta il 28 giugno invece che il 28 ottobre? Va bene, è un errore, ma non griderei allo scandalo. Anni fa un professore universitario di filologia ha detto che scrivere “quore” con la “q” non è la fine del mondo. Qualche maturando dice che Leopardi ha scritto “L’infinito” stando dietro un cespuglio, invece che dietro una siepe.
Ma c’è un test in quella poesia di Leopardi, e pare fatto apposta per saggiare la maturità dello studente. Leopardi ha oscillato a lungo tra diverse stesure, “tra questa infinità” e “tra questa immensità s’annega il pensier mio”, ma alla fine ha lasciato “immensità”, perché? Cosa dice “immensità” che “infinità” non dice? Uno studente che intuisca questo è maturabile. E non importa se non ricorda in che anno Leopardi è morto.
Ferdinando Camon
Avvenire, 12 luglio 2024