Mercoledì 19 giugno avranno inizio, con lo scritto di Italiano, gli esami di maturità. Dopo alcuni anni dacché ho lasciato l’insegnamento liceale, ho dato la mia disponibilità a ricoprire l’incarico di presidente di commissione: un’opportunità prevista per i professori universitari, sebbene poco praticata. L’ho fatto perché mi sembrava un modo concreto per rispondere a un auspicio contenuto nella riforma dell’orientamento prevista dal Pnrr: « Mettere in sinergia il sistema di istruzione, quello universitario e il mondo del lavoro». Che scuola e università dialoghino maggiormente è una cosa di cui entrambe queste istituzioni oggi hanno un forte bisogno: a vantaggio degli studenti, naturalmente. Ma forse, a essere sincero, ho accettato la nomina anche per un po’ di nostalgia nei confronti della scuola, in cui ho lavorato per vent’anni.
Quando, nell’arco di quei quattro lustri, mi è capitato di ricoprire il ruolo all’inizio di commissario esterno e in seguito di presidente di commissione alla Maturità, mi sono sempre accinto a questo compito con molta discrezione. Si entra in un contesto diverso dal proprio e per questo si deve rispetto al lavoro svolto da colleghi che non conosci. Questo è l’atteggiamento dettato dalla professionalità della stragrande maggioranza dei docenti. Ciò deve rassicurare i ragazzi, che per la prima volta sederanno davanti a professori mai visti prima. La commissione è infatti composta per metà da membri esterni, come esterno è il presidente: quindi da una maggioranza di esterni.
Ogni anno si discute (e non c’è dubbio che succederà anche questa volta) di quanto sia ancora utile, o inutile, l’esame di Maturità. Per qualcuno è scandaloso che quasi tutti gli studenti vengano promossi. Bisognerebbe ricordare però che il tasso di dispersione scolastica alle superiori è del 25%: soltanto 75 studenti su 100 che iniziano la scuola secondaria di secondo grado arrivano al quinto anno. La “selezione” (brutta parola, ma che a qualcuno continua a piacere...) avviene prima, purtroppo; e occorrerebbe lavorare per ridurre il più possibile quella percentuale, che è il segno di un nostro fallimento.
L’esame che sosterranno i ragazzi nei prossimi giorni non è più quello che ricordano i loro genitori, quando era più “ fiscale”, anche solo per il fatto che la commissione era tutta composta da estranei, tranne un membro interno che spesso si trovava a interpretare in solitaria il ruolo dell’avvocato difensore dei candidati in bilico. Continuo però a pensare che la Maturità rappresenti un importante momento di passaggio. Ed è un rito che unisce le generazioni.
Correva l’anno 1984 quando Antonello Venditti cantò per la prima volta Notte prima degli esami. «Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto / stasera al solito posto, la luna sembra strana / sarà che non ti vedo / da una settimana»: la letteratura, i programmi scolastici, le materie da ripassare fino all’ultimo momento si confondono con la vita, i sentimenti, le ansie di un ragazzo innamorato.
Sono passati quarant’anni, sono cambiate molte cose, ma la vita dei giovani è ancora quella. L’emozione di presentarti con i tuoi compagni a un esame in cui ti trovi a ricapitolare il tuo percorso scolastico, a mettere alla prova le competenze acquisite, a confrontarti per la prima volta con docenti che non conosci. Ma soprattutto l’emozione di vivere un’esperienza che rimarrà a lungo nella memoria. E che è una porta aperta sul futuro.
Roberto Carnero
Avvenire, 14 giugno 2024