UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«No alla movida, ma il valore della socialità va difeso»

La pastorale universitaria rivoluzionata dal coronavirus: parla il responsabile della diocesi di Bologna, don Francesco Ondedei
29 Ottobre 2020

La movida bolognese era (bisogna usare il passato) proprio lì a due passi, sotto le finestre dello studentato in cui don Francesco Ondedei vive per stare vicino agli universitari. E lo capisce, tutto quel brusio che si trascinava fino a tardi, il responsabile di Pastorale universitaria: «A tutte le età, ma per i giovani in particolare, il bisogno di socialità non si può soffocare». Perciò, anche se l’università, allo scoppio della pandemia, «si è difesa bene», passando presto e facilmente rispetto agli altri gradi scolastici, sulle piattaforme online, il contraccolpo sui ragazzi c’è stato eccome.

E proprio ora che dall’online si stava tornando in presenza, il nuovo dpcm rischia di favorire ancora «un distanziamento che non è solo fisico ma sociale. E del resto è di distanziamento “sociale” che si parla. Ma la socialità è un valore che si perde». Prova ne sia che se all’Università di Bologna le lezioni procedono anche in presenza, molti allievi continuano a seguire le lezioni online, e non per paura del contagio. «Se in alcuni prevale il bisogno di socialità – spiega Ondedei –, per altri la distanza incentiva al camaleontismo e alla frammentazione, e a quella tendenza che già prima si vedeva negli studi accademici a trasformarsi in un “esamificio”. Il danno è che viene meno l’ambiente cultuale dove avere il tempo per lasciare depositare il sapere».

L’Alma Mater ha aperto uno sportello di aiuto psicologico. E la Pastorale universitaria continua a offrire la possibilità di incontri in presenza, nel tempo consentito, e nei numeri consentiti. «Vuol dire che in tre ore riesco a fare colloqui con due soli studenti, ma meglio che niente» chiosa don 'Onde'. E dai gruppi online si cerca di formare “stanze” di quattro persone al massimo. «Così possiamo vederci anche al bar, entro le 18». Il tono è scherzoso, ma il sacerdote sa che per i giovani è importante «rompere la cappa». E che c’è una nota di «ansia diffusa». «Quando gli chiedi che cosa ricordano del lockdown ti dicono la processione di bare a Bergamo, le file di sepolture e i senza fissa dimora abbandonati nel parcheggio in Usa, le ambulanze nel silenzio di Milano. Va bene che la politica ora si preoccupi dell’economia, e della salute, ma non va dimenticata l’umanità». Invece nel cercare di bloccare quanto ritenuto superfluo, si è investito il mondo della cultura. «Il mondo accademico non è solo un passaggio di contenuti, ma di consapevolezza», conclude Ondedei. Con una citazione di Bossuet: «Sia maledetta la scienza che non si trasforma in amore».

Annalisa Guglielmino

Avvenire, 28 ottobre 2020