«Venite nella nostra scuola: non ci sono immigrati, poveri e disabili ». Non è una forzatura ma, purtroppo, quanto hanno scritto alcuni dirigenti scolastici, soprattutto di licei di grandi città, nel Rapporto di autovalutazione dei propri istituti, pubblicato dal portale del Miur “Scuola in chiaro”. Spulciando tra questi documenti, che, nelle intenzioni del Ministero, dovrebbero contenere una presentazione delle scuole per aiutare le famiglie nella fase di orientamento dei figli, Repubblica ha trovato espressioni davvero inquietanti. Come questa, tra l’altro inserita alla voce “opportunità”, quasi fosse un valore aggiunto: «Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile. La percentuale di alunni svantaggiati per condizione familiare è pressoché inesistente ». Oppure quest’altra, sempre alla voce “opportunità”: «Pochi sono i casi di studenti provenienti da famiglie svantaggiate, disabili o non italiani». Abbastanza per far fare alla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, un balzo sulla sedia e ordinare subito all’Invalsi, «un attento monitoraggio dei Rapporti di autovalutazione con riferimento a questo tipo di episodi». «Abbiamo bisogno di una scuola inclusiva e accogliente», si legge in una nota della ministra, che stigmatizza il linguaggio utilizzato da alcuni istituti che «hanno completamente travisato il ruolo della scuola».
«L’autonomia nella compilazione del Rav da parte delle scuole è sacra – aggiunge Fedeli –. Ma ci sono principi comuni e irrinunciabili a cui tutti dobbiamo ispirarci. A partire da quelli stabiliti nella nostra Costituzione. Leggendo certe espressioni sembra che qualcuno li abbia dimenticati. Alcune frasi appaiono particolarmente gravi, persino classiste. Non sono assolutamente tollerabili e prenderemo provvedimenti specifici a seguito dei dovuti approfondimenti. Il Rav rientra peraltro fra gli strumenti di valutazione delle scuole e dei dirigenti scolastici. Terremo conto anche di questi elementi ». Se il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, parla di «episodio infelice da correggere subito », il referente per l’inclusione scolastica della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), Salvatore Nocera, allarga le braccia sconsolato: «Questi casi sono molto più frequenti di quanto si pensi e tanti sono nascosti ma, non per questo, meno dannosi». Per correre ai ripari, suggerisce Nocera, «il Miur dovrebbe organizzare corsi di aggiornamento obbligatori in servizio, per insegnanti e dirigenti, sulla didattica inclusiva e sulla cultura dell’inclusione scolastica. Non basta continuare a ripetere che abbiamo delle buone leggi se poi i risultati sono questi. Sull’inclusione scolastica dei disabili, l’Italia sta compiendo preoccupanti e pericolosi passi indietro». Anche le leggi recentemente approvate, come la Buona scuola, denuncia sempre Nocera, rischiano di restare inefficaci in mancanza dei decreti di attuazione. «Serve un lavoro a livello normativo e formativo – conclude –. Non c’è più tempo da perdere».
Paolo Ferrario
Avvenire, 9 febbraio 2018