Una fuga, una capanna, una mangiatoia, un bue, un asinello, una notte rischiarata da una cometa luminosa, dall?arrivo di tre Re, carichi di doni per festeggiare il neonato e i suoi genitori. È il plot di una storia destinata, nelle sue innumerevoli varianti, a declinare la nostra esistenza, religiosa e laica, a innervare i nostri comportamenti sociali? (Nico Orengo).
Il celebre scrittore torinese, per vent'anni direttore dell'inserto letterario de "La Stampa", scriveva queste parole alcuni anni fa introducendo una rassegna di racconti natalizi pubblicata dalla laicissima casa editrice Einaudi. Collodi e Rodari, Guareschi e Pascoli, Dostoevskij e Conan Doyle, Calvino e Buzzati sono solo alcuni degli autori della fortunata raccolta, cui non mancò il seguito poco tempo dopo con altrettante storie per la Vigilia.
Il Natale che fuoriesce da quelle pagine è una festa multicolore, intensa, commovente e talvolta perfino esilarante. Un concentrato di umanità, in tutte le sfumature possibili, e con non rari tocchi di utopia. Chi ha pensato anche quest?anno di dover chiudere le porte delle scuole a questa grammatica essenziale della vicenda umana ? e per molti anche divina ? dovrebbe avere motivo di ricredersi: il Natale è un?occasione educativa e di cambiamento come poche altre. Lo è stato duemila anni fa per chi l?ha visto irrompere nella notte di Betlemme. Lo è diventato nei secoli, stimolando la creatività culturale, l?immaginazione artistica, i codici etici. Può esserlo per noi oggi, impressionati dall?attualità e dall?universalità di quella famiglia riunita attorno a una mangiatoia.
Se la scuola è ?buona?, è luogo di alleanze. La celebrazione dell?alleanza tra Cielo e terra apre a tutte le altre, chiamando a raccolta ogni uomo appunto ?di buona volontà?. La memoria del Natale nella scuola racconta da dove veniamo, ma non solo: insegna anche a guardare diversamente al nostro oggi e a viverlo con una speranza in più. Per dirla ancora con Orengo, è ?come dire che non c?è mai fine ad un inizio, ad una vita nuova?.
Buon Natale.
Ernesto Diaco