Service learning: il termine è ostico ma rappresenta la nuova frontiera pedagogica fortemente voluta da papa Francesco. Lo spiega il segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, monsignor Angelo Vincenzo Zani, 67 anni, anticipando le linee di «Educazione alla solidarietà», un documento che la stessa Congregazione pubblicherà il 22 settembre.
Nel giorno in cui la Festa d’estate Anspi avvia a conclusione la stagione dei Grest, e alla vigilia del nuovo anno scolastico, come si concilia lo snodo fra l’attività informale dell’oratorio e quella istituzionale della scuola? Per chiarirlo monsignor Zani parte proprio da tale approccio, spiegando che si tratta «di un’esperienza nata in America Latina e poi sviluppata in altri continenti, che prevede percorsi educativi basati sul servizio e sull’impegno solidale che le università cattoliche stanno implementando come scelta elettiva. Nelle Filippine per esempio, la facoltà di medicina di Manila chiede ai suoi studenti di destinare un minimo di sei mesi per venire incontro alle esigenze sanitarie di chi vive nelle periferie o per i ricoverati nei reparti ospedalieri dei poveri. Non si diventa medici senza questa esperienza, che è molto più d’uno stage: la definirei una riorganizzazione del sapere che produce straordinarie crescite di umanità».
D’acchito il service learning sembra distante dagli obiettivi di Anspi e dalle finalità della Festa d’estate, ma monsignor Zani lo indica come logica che deve al più presto riguardare tutte le associazioni: pena la marginalizzazione rispetto a un mondo che corre. «È urgente individuare tutte quelle esperienze dove gli adolescenti possono crescere mettendosi al servizio dei disagi. Il tempo della teoria è finito, oggi è richiesta concretezza. Vuole un altro esempio? Durante gli esercizi spirituali col Papa ci è stato proposto il racconto di vita d’un padre francescano in Siria che, in un luogo dove non c’è più nulla, spiegava come si fa la doccia con un litro d’acqua. È il tema centrale della Laudato si’: non possiamo più vivere il presente senza inglobare un’idea di futuro, in una prospettiva che ci porti a considerare le nostre azioni come propedeutiche al bene delle prossime generazioni». Una sfida che vede l’oratorio italiano sul crinale più avanzato.
«Tre mesi fa – continua monsignor Zani – c’è stata la visita ad limina dei vescovi canadesi del Quebec. Papa Francesco s’è intrattenuto per tre ore perché la situazione di quella provincia è disastrosa. Il sistema delle parrocchie che annettevano la scuola di base, a causa di leggi sempre più secolarizzate, ha provocato la chiusura di tutte le elementari perché lo Stato ha posto condizioni insostenibili: prima fra tutte l’insegnamento di ogni religione, il che ne mina l’ispirazione cattolica. Ciò ha portato quella Chiesa quasi al punto zero, ed è triste pensando alle tante vocazioni che là sono germinate. Il modello italiano invece, che fa una sana distinzione fra scuola e oratorio, si sta rivelando una scelta provvidenziale per aprire percorsi in sintonia con le istanze attuali: un contesto plurale dove non si educa imponendo modelli, ma offrendo testimonianze e linee di condotta».
Stefano Di Battista
Avvenire, 31 agosto 2017