UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mons. Brambilla: patto educativo per stare accanto ai giovani

Nel giorno del patrono, il vescovo di Novara chiede un’alleanza “fra tutti i soggetti che si affaticano al compito formativo”
24 Gennaio 2022

Essere vicini ai giovani. Il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, mette loro al centro del discorso alla città e alla diocesi in occasione della festa patronale di san Gaudenzio. E si sofferma sul disorientamento dei ragazzi dopo due anni di pandemia: «Molti sembrano smarriti, altri portano dentro di sé tanta paura e taluni persino l’angoscia per la malattia, la morte dei loro cari, amici, genitori, nonni. Altri ancora sembrano dispersi, quasi intimoriti ad affrontare un tempo che chiede ancora resilienza. Soprattutto coloro che in questi due anni hanno vissuto le età di passaggio (quinta elementare e prima media, terza media e prima superiore, quinta superiore e inizio università) si sentono come defraudati di un tempo che doveva essere per loro propizio: per essi è stata un’età negata, un tempo perduto. Anche noi adulti li cerchiamo dalla parte sbagliata, li crediamo ancora al sicuro nella carovana della nostra famiglia, mentre se ascoltassimo il loro silenzio e se leggessimo nei loro messaggini troveremmo apatia, noia e forse timore a riprendere con lena il passo, dopo aver perso un’occasione che non torna più».

Ma il vescovo rilancia: «Non dobbiamo scoraggiarci. Essi attendono una presenza amica e rassicurante, anche se all’inizio si presentano spavaldi o annoiati, abulici o depressi, persino bulli e dispersi. Con i genitori, gli educatori, gli animatori sono chiamati a raccolta tutti coloro che hanno il compito della formazione. I ragazzi ci chiedono una cosa sola: voi dovreste sapere cosa significa che noi dobbiamo e vogliamo diventare grandi» e «non possiamo farlo senza la vostra vicinanza».

Un ultimo passaggio tocca il tema della formazione, cara a Brambilla: «Oggi l’impresa più grande, che ha bisogno di grande apprezzamento sociale. Tuttavia gli educatori non possono ritrovare la passione del loro compito, se non lo vivono come una vocazione: non è solo una professione, ma una chiamata, non è solo uno stipendio per vivere, ma un compito per far vivere». E sprona con un richiamo finale: «Concerne l’alleanza tra tutte le forze sociali e le componenti educative della società: la famiglia che educa, la scuola che forma, l’oratorio spazio di vita, lo sport sano, non sono riserve indiane a lato di una società che per la parte più importante fa altro, cioè si dedica all’economia e alla produzione» e sottolinea come serva «un grande patto educativo fra tutti i soggetti che si affaticano al compito formativo: anche la scuola ha bisogno di più stima, più sostegno sociale, più apprezzamento. Le risorse e i soldi spesi per la scuola e l’educazione sono il capitale sociale più importante per la società di domani. Nella nostra città abbiamo anche la fortuna di avere la Fondazione Carolina, dedicata a Carolina Picchio, impegnata per il buon uso digitale, con la quale la diocesi di Novara intende stabilire un cammino di proficua collaborazione. Per questo, mentre aspettiamo di ripartire, il cuore della rinascita non potrà essere che un tempo formidabile da dedicare all’educazione delle nuove generazioni».

Paolo Usellini

Avvenire, 23 gennaio 2022