In tempi come questi risulta difficile persino dire che «mercoledì 9 dicembre, per la Messa di Natale, gli universitari di Modena si sono stretti intorno al loro vescovo Erio», senza suonare sospetti e imprudenti. Si dovrebbe subito correggere il tiro con un «vicini spiritualmente ma distanti fisicamente», magari con qualche foto dell’assemblea ben ordinata, distanziata tra i banchi del Duomo. Come se non bastasse, questo, a ricordarci la difficoltà della situazione attuale, in cui è facile sentirsi «stanchi e oppressi», bisognosi di ristoro, affamati di prossimità.
La scelta di mantenere la Messa di Natale insieme al vescovo sfida la stanchezza di questi tempi, prende sul serio questa fame di vicinanza e la trasforma in canto, in preghiera, in offerta sull’altare. Sono proprio gli universitari, con i docenti e il personale di Modena, ad affidare ancora una volta i loro progetti e le loro paure alla comunità cristiana e al Signore, specialmente ora, con una prospettiva di futuro così confusa. Le parole del vescovo Erio, in chiusura della Messa, vogliono proprio raccogliere i timori e le attese di tutti: «Stiamo vivendo questo tempo di pandemia e come cristiani dobbiamo iniettare la speranza, soprattutto là dove vediamo delle ferite. Noi cristiani abbiamo questa carta e dobbiamo giocarla, facendoci testimoni e apostoli di speranza».
Il cammino degli universitari a Modena (UniAMo), così, continua con coraggio anche in questo di pandemia con gli incontri settimanali di crescita personale, professionale e spirituale. Progetto, il loro, già iniziato nel 2016, arricchitosi piano piano di numerosi contributi, di nuovi studenti (fuori sede e non) e di collaborazioni. A guidarlo, l’ufficio di pastorale universitaria (don Marco Maioli, padre Marco Mazzotti, don Giovanni Vitale e suor Simona Mazzetti) che, a fianco degli studenti, promuove uno stile «informale e cordiale», accogliente verso tutti. In quest’ottica, la Messa di mercoledì in Duomo è stata l’ennesima prova di accoglienza e di incontro rinnovato per UniAMo, nonostante le ferite di questo periodo. E per chi c’era, possiamo dire che non si è mai vissuta così tanto l’attesa, non si sono mai visti giovani così tanto stretti insieme, pure a un metro di distanza.
Eleonora Tampieri
Nostro Tempo, 13 dicembre 2020