UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Magatti: «Il cambiamento deve passare dai giovani»

In Italia ci sono due milioni di Neet. La scuola ha un ruolo fondamentale: archiviata la Dad bisogna investire sul digitale
25 Novembre 2021

Oggi si apre l’undicesimo festival della Dottrina Sociale a Verona e il tema sembra una provocazione per una società che passa da un lockdown all’altro: perché un italiano del 2021 dovrebbe essere “audace nella speranza e creativo con coraggio”?

Perché la speranza non è ottimismo – ci risponde il sociologo dell’Università Cattolica Mauro Magatti, direttore scientifico della fondazione Segni nuovi che organizza il festival –: è la capacità di vedere le possibilità che ora sembrano chiuse mentre sono soltanto nascoste nelle pieghe della realtà. Queste opportunità sono da sempre ciò che consente all’essere umano di andare avanti e trasformare anche i momenti difficili, come quelli che stiamo vivendo, in una occasione di trasformazione. Questo, concretamente, significa anche che al terzo inverno di pandemia dobbiamo smettere di agognare alla ripartenza e dobbiamo invece utilizzare le leve che ci sono, come il Pnrr, per modificare il nostro modo di pensare, di vivere, il nostro modello di sviluppo. Perché – non dimentichiamolo – lo stesso Covid è espressione di un modello sbagliato.

Parliamo della creatività e del coraggio…

La creatività è una facoltà dell’intelligenza umana che di fronte alle situazioni in cui ci si trova non si limita a replicare e neanche ad analizzare ma è capace di vedere quello spazio del possibile attraverso cui effettivamente si genera l’innovazione, che non è solo quella tecnologica. La creatività traduce la speranza – che è un orientamento dello spirito – in fatti concreti e iniziative trasformative. Ma veniamo al coraggio: quando si devono fare dei passi oltre il noto, l’esistente, anche il comprensibile desiderio di tornare indietro, il coraggio rappresenta quel modo di essere che ci sostiene nel fare quel passo che ci serve. Senza il coraggio le cose ci rovinano addosso e la creatività resta fantasia.

Un altro tema caldo è l’inclusività della democrazia: quali segni vede che lo sia davvero?

Dobbiamo essere onesti. Abbiamo alle spalle un lungo percorso democratico ma in questo momento la democrazia ha difficoltà proprio sul lato dell’inclusività: lo dimostrano le esperienze populiste, le violenze che ruotano intorno al mondo no vax… Vi è una quota di persone che fa fatica a sentirsi parte della comunità in quanto le loro vite hanno preso una piega molto lontana dalle promesse che erano state fatte. Questo malessere non va disprezzato ma ascoltato, per poterlo curare. Le democrazie debbono farlo e ne hanno la capacità.

La generatività resta dunque affidata ai giovani?

La serie Strappare lungo i bordi di Zerocalcare su Netflix illustra in modo molto efficace il problema di due milioni di neet e dei ragazzi che non diventano mai adulti: nella società del desiderio individualistico è molto facile perdersi e che il desiderio imploda su se stesso. Anche, beninteso, per responsabilità degli adulti individualisti. La generatività origina da un cambio di prospettiva: non si è più focalizzati sul proprio desiderio e lo si trasforma in una energia che si rivolge agli altri. Usciremmo da un Paese a forte invecchiamento, incartato, se solo si andasse oltre la cultura dell’io e dell’immediato e fossimo capaci di uno sguardo generativo. Ma non per moralismo, quanto perché capiamo che se non rimettiamo al lavoro il desiderio in senso dinamico non c’è futuro per nessuno. I giovani sono lo snodo di questo cambiamento, ma anche gli adulti hanno un ruolo da giocare, nel creare condizioni più favorevoli.

Il laboratorio di questo cambiamento è la scuola: cosa le insegna la pandemia?

Come altre realtà è molto frastagliata. Ci sono state risposte intelligenti alla crisi pandemica e altre realtà sono rimaste bloccate. Oggi è davvero importante che la scuola, molto ingessata, non perda l’occasione di modificare pratiche iperconsolidate. La Dad non può sostituire la didattica in presenza ma non possiamo tornare a fare quest’ultima esattamente come prima del covid. Serve più digitale ma anche moduli formativi più dinamici e vicini alla realtà.

Paolo Viana

Avvenire, 25 novembre 2021