Movimento 5 Stelle a testa bassa contro le scuole paritarie. Se confermato dal voto online dei simpatizzanti, nel programma di governo dei pentastellati ci sarà l’abolizione dei finanziamenti pubblici agli istituti non statali. È scritto in un post pubblicato ieri sul blog di Beppe Grillo, che tratteggia l’identikit della 'scuola a 5 stelle': pubblica e statale, gratuita, democratica, aperta, inclusiva e innovativa. «La spesa pubblica per l’istruzione – si legge – deve essere innalzata dal 7,9% di oggi al 10,2% della media europea». Per farlo, M5S intende utilizzare (anche) i 500 milioni all’anno dei finanziamenti alle scuole paritarie. «Il Movimento riconosce il servizio che molte di queste scuole svolgono sul territorio», si legge ancora nel blog grillino. Ma, allo stesso tempo, i pentastellati ritengono «fondamentale stabilire un ordine di priorità nell’assegnazione delle risorse». Pertanto, il quesito su cui è chiesto agli iscritti alla piattaforma di esprimersi dice testualmente: «È giusto tutelare la gratuità della scuola dell’obbligo e ridestinare alle scuole statali le risorse attualmente stanziate per le scuole paritarie?». Nel mirino dei 5 Stelle non ci sono soltanto le risorse ma lo stesso principio di parità scolastica. Infatti, la seconda parte del quesito chiede di esprimersi sulla necessità di «rimettere in discussione la legge del 2000 che ha istituto la parità scolastica». Le reazioni alla provocazione non si sono fatte attendere. Di «mix tra populismo, demagogia e vecchi pregiudizi», parla la responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero. «Noi – si legge in una nota della parlamentare – crediamo nella libertà di scelta educativa, nel pluralismo e in una scuola centrata su forti competenze internazionali che rendano i nostri studenti protagonisti del proprio futuro. Per questo, tutte le nostre proposte hanno messo al centro della scuola la formazione dei giovani e le famiglie. Penso ad esempio alle richieste, inascoltate, di insegnare diritto e economia, di potenziare le competenze linguistiche, inglese in primis, di rafforzare l’insegnamento di cittadinanza e Costituzione con l’inserimento dei temi di parità e non discriminazione. Penso alla richiesta di una seria valutazione dei docenti e dei dirigenti o alle critiche avanzate al piano assunzionale del governo, lontano dalle esigenze delle scuole e destinato a creare problemi ancora per i prossimi 10 anni. La riqualificazione della spesa pubblica e il costo standard sono la base economica per rendere possibile tutto questo».
Contro la proposta pentastellata si schiera anche il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. «M5S e Grillo chiariscono la loro posizione sulle scuole paritarie con due quesiti che paiono scontati nell’esito, anche a seguito dei comportamenti dei loro sindaci sulle paritarie e delle dichiarazioni di voto dei parlamentari rispetto ai temi della parità scolastica – ha scritto su Facebook –. Per noi invece la libertà educativa è un elemento di primaria importanza, siamo orgogliosi delle azioni e delle risorse che questo governo ha messo in campo e non abbiamo bisogno di chiedere agli elettori o ai simpatizzanti se sono favorevoli alla libertà di scelta educativa».
Paolo Ferrario
«Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, comma 2 della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali». Inizia così la legge 62 del 2000, che ha compiuto due mesi fa 17 anni di vita. È la legge detta della parità scolastica, che ha segnato una svolta nella storia della scuola italiana: la scuola è pubblica per il servizio che offre e non per chi la gestisce. Di fatto una scuola è pubblica anche se gestita da un ente locale o dal privato sociale (cooperative, parrocchie, congregazioni). Una svolta culturale, che, però, fatica a di- ventare patrimonio di tutti nel nostro Paese. E così ciclicamente il termine «pubblico» ridiventa sinonimo di «statale» e dunque qualunque altra realtà educativa non sembra degna di ricevere finanziamenti da parte dello Stato. Persino il padre costituente Epicarmo Corbino - promotore del 'senza oneri per lo Stato' - spiegò che il suo comma non escludeva affatto che lo Stato potesse dare finanziamenti alle scuole non statali, ma soltanto che il costituirle non dava diritto automatico a riceverli. Comunque sia, la 62/2000 fissa un punto fermo, anche se, pare, non per tutti.
Se dunque, le scuole paritarie – che devono sottostare a rigide regole e norme per essere riconosciute – offrono un servizio pubblico, per questo possono ricevere finanziamenti statali. Non solo. La loro presenza con quasi un milione di studenti, dalla scuola dell’infanzia alle superiori e alla formazione professionale, di fatto permette allo Stato di avere un risparmio consistente per le proprie casse. Qualche anno fa fu l’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc) a fare un calcolo, moltiplicando il costo alunno per tipo di scuola ssostenuto dallo Stato per il numero complessivo degli iscritti allo stesso ordine di scuola, ma paritaria e sommando il tutto si arrivava – nel 2012 – a 6 miliardi e 330milioni di euro. Sono passati cinque anni da quel primo calcolo e la cifra si aggira oltre i 7 miliardi di euro. E allo Stato la scuola paritaria quanto costa? Il capitolo nel bilancio dello Stato parla di 500 milioni, a cui si aggiungono 50 milioni destinati alla materna, 24 milioni per il sostegno. Totale: 574 milioni di spesa a fronte di 7 miliardi di risparmio. Infine la detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie per l’iscrizione alla paritaria: per i redditi del 2016, si potranno detrarre il 19% delle spese fino al tetto di 564 euro (tornano 107 euro). Limite che si alzerà progressivamente a 800 euro nel 2019.
Enrico Lenzi
Avvenire, 16 maggio 2017