L’università europea del futuro riparte da Bologna, dove tutto è cominciato vent’anni fa. A due decenni dal Processo che sta cambiando il volto della formazione superiore in Europa, più di 200 rettori e oltre mille fra docenti, studenti e ricercatori si sono dati appuntamento nel capoluogo emiliano, ieri e oggi, per delineare il volto delle università del futuro, che dovranno essere sempre più internazionali, sostenibili, connesse al mercato del lavoro e, soprattutto, pensate per e con gli studenti.
Con l’obiettivo di armonizzare i diversi sistemi di istruzione superiore europei, il Processo di Bologna del 1999, culminato nella Dichiarazione firmata da 29 Paesi europei, vuole arrivare alla creazione di uno “Spazio europeo” che già oggi, a vent’anni di distanza, include 48 Stati più la Commissione Europea e numerosi membri e partner consultivi. Importanti gli investimenti in campo. A partire dai 100 miliardi per il periodo 2021-2027 per finanziare il programma comune di Ricerca “Horizon Europe”, oppure i 16 miliardi per i programmi Galileo e Copernicus. «In presenza di un’unità europea principalmente monetaria ed economica e di un’architettura politica non ancora in grado di controbilanciare la forza della tecnocrazia, della “gabbia d’acciaio” burocratica e della finanza – ha detto il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, aprendo i lavori della due giorni bolognese – l’istruzione superiore si configura come la mediazione positiva che consente di sopperire agli squilibri che vigono nello spazio europeo contemporaneo. E pluribus unum, uniti nella diversità, deve essere non solo un motto, ma deve diventare la realtà». Le grandi attese riversate sull’evento, sono state ricordate da Luca Lantero, responsabile del Segretariato del Processo di Bologna, che è guidato dall’Italia. «A Bologna – ha sottolineato – si sta svolgendo l’evento più importante e di maggiore impatto sull’intero settore universitario a livello globale per il 2019. I risultati, serviranno da punto di partenza per stabilire i contenuti del Comunicato di Roma del 2020».
Paolo Ferrario
Avvenire, 25 giugno 2019