Una scuola povera (di risorse e di spazi) provoca l’impoverimento del territorio e della comunità che lo abita. Al contrario, una scuola attrezzata e accogliente contribuisce in maniera decisiva alla riduzione della dispersione scolastica e della povertà educativa, che in Italia hanno raggiunto livelli più che preoccupanti. A confermare l’evidenza dello strettissimo rapporto che passa tra una scuola di qualità e il benessere delle famiglie degli studenti, arrivano i dati dell’ultimo rapporto di Save the children diffuso ieri, che quantifica nel 12,7% la dispersione scolastica e nel 23,1% la quota di Neet, percentuali che collocano l’Italia agli ultimi posti in Europa. Da qui il “suggerimento” al Parlamento e al governo che usciranno dalle urne del 25 settembre, di investire in istruzione almeno il 5% del Pil, aumentando di circa 20 miliardi gli stanziamenti attuali e arrivando a 93 miliardi complessivi rispetto ai 71 attuali.
Prendendo come riferimento i risultati dell’ultimo rapporto Invalsi, lo studio evidenzia come nelle dieci province italiane (tutte del Nord), con la dispersione “implicita” più bassa - che a livello nazionale riguarda il 9,7% dei maturati del 2022, usciti dalla scuola superiore senza aver raggiunto il livello minimo di competenze richiesto - le scuole primarie assicurino un’offerta maggiore di tempo pieno (40 ore a settimana), mentre nei dieci territori con la dispersione più elevata (tutte del Sud), l’offerta di tempo pieno sia nettamente inferiore. In Italia, le classi a tempo pieno nella scuola primaria superano di poco il 50% solo in Lazio (55,7%), Toscana (52,8%), Basilicata (52,4%) e Lombardia (52,3%), ma sono una rarità in Molise (7,5%), Sicilia (11,5%), Puglia (18,7%), Campania (18,8%) e Abruzzo (19,6%), mentre la media nazionale è del 37,3%.
Il tempo pieno richiede anche il servizio mensa, presente almeno nel 50% delle scuole primarie del Nord e del Centro Italia. Un servizio fondamentale non soltanto per il tempo pieno ma per assicurare un’alimentazione corretta, almeno a pranzo, soprattutto ai bambini in povertà assoluta. Che, secondo l’ultimo rapporto Istat, sono 1 milione e 382mila, pari al 14,1% del totale, in crescita rispetto al 13,5% del 2020. Le punte maggiori del servizio mensa (oltre l’80% delle scuole) si registrano, quindi, nelle province toscane di Prato, Firenze, Lucca e Pistoia e ad Aosta e Torino, mentre le province di Ragusa, Agrigento, Catania, registrano percentuali inferiori al 10%, e Napoli e Palermo, dove più di 1 studente su 4 proviene da famiglie appartenenti al quintile socioeconomico più basso, sono addirittura sotto al 6%.
Un altro spazio fondamentale per la qualità dell’apprendimento e dello sviluppo psicofisico dei bambini è la palestra, presente in circa la metà delle scuole italiane. Ancora una volta, però, mentre al Centro e al Nord si toccano punte del 60% e addirittura del 70% di scuole dotate di palestra agibile, nella maggior parte delle province della Calabria e della Sicilia, invece, dove più alta è la percentuale di studenti con livello socio-economico basso, la copertura delle palestre nella scuola primaria è tra le più basse del Paese (10% circa). «Chiediamo al nuovo governo – dichiara Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – un investimento straordinario che parta dalla attivazione di “aree ad alta densità educativa” nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia, scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento, ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali».
Paolo Ferrario
Avvenire, 8 settembre 2022