La scuola anticipa il domani e racconta una realtà «complessa ma promettente, grazie al multiculturalismo e al confronto tra religioni diverse», ha osservato il vescovo Maurizio Malvestiti, accogliendo il 24 marzo nella casa vescovile il provveditore Marco Fassino e i dirigenti scolastici delle scuole del Lodigiano, coi responsabili dell’Ufficio Scuola della diocesi.
Il tema, previamente indicato dai numerosi e interessati partecipanti, ha consentito al vescovo di indicare i principi guida del dialogo ecumenico e interreligioso nel contesto delle sfide educative a partire dal confronto imposto dall’attuale condizione plurale delle comunità scolastiche.
Guardando i dati offerti dal provveditore, il multiculturalismo è già una realtà: uno studente su cinque, infatti, non ha la cittadinanza italiana. «Dei 31.871 studenti nelle scuole statali e paritarie, 6.356 non hanno cittadinanza italiana, il 20% - ha detto Fassino -. La percentuale è più o meno stabile all’infanzia (22,5%), primaria (24%) e secondaria di primo grado (21%), ma cala sensibilmente alle superiori: non a motivo delle variazioni demografiche, ma perché tra gli studenti non italiani c’è un forte abbandono scolastico».
La situazione esige oculate risposte a livello territoriale, accanto a un altro elemento significativo: «La maggioranza degli studenti senza cittadinanza sono nati e scolarizzati sul territorio». I dati parlano dell’86 per cento all’infanzia, del 74 alla primaria, del 70 alle medie e del 58 alle superiori. Le nazionalità più rappresentate (tenendo fermo il dato che si tratta di nati e cresciuti in loco) sono Egitto, Romania, Marocco e, a distanza, Albania e India: la maggioranza, quindi, ha una tradizione familiare cristiana ortodossa o islamica: «Questo è un elemento da considerare, anche se l’insegnamento della religione cattolica ha una forte connotazione culturale più che confessionale, e di apertura al dialogo» ha concluso Fassino, spiegando che «il ruolo dell’educatore è trovare il percorso più adatto ad ogni studente che gli è affidato» e ha citato il Libro Sinodale nei paragrafi che trattano del dialogo tra scuola, comunità ecclesiale e società.
I dati non contemplano il Centro provinciale di istruzione per adulti, coi suoi 18 italiani su 1200 studenti, ma offre un osservatorio privilegiato e un trend prospettico, come ha evidenziato il dirigente Massimo Iovacchini di Lodi: «gli studenti adulti tengono unite proficuamente l’identità d’origine e l’attuale - ha detto -. Per tanti è una lotta, ma hanno coscienza che si tratta di un dialogo inderogabile». Partendo dall’importanza, per la scuola, di offrire conoscenze ma anche competenze di vita, i dirigenti hanno auspicato un dialogo sempre maggiore tra i docenti, nella consapevolezza che la scuola a volte è l’unico presidio educativo di cui dispongono famiglie di origine non lodigiana, ribadendo l’indispensabile raccordo tra parrocchie, scuole ed enti locali.
Fausto Tamagni, del Cfp Canossa, ha osservato che negli istituti professionali (dove gli stranieri sono il 35 per cento), deve essere riformulata l’ora di religione, «quale opportunità socializzante e dialogica su temi etici e spirituali comuni ad ogni esperienza umana e religiosa». Padre Stefano Gorla, del collegio San Francesco, ha sottolineato quanto sia importante fare affidamento sull’empatia tra scuola e studenti per favorire l’accoglienza di tutti. Il preside dell’Istituto superiore di Scienze religiose ha, infine, presentato la scuola dove si formano i docenti di religione. (R.L.)
Avvenire, 16 aprile 2023