UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Lettere in cattedra, il prof sia «indocile»

Come educare all’italiano e ai testi d’autore?
20 Marzo 2023

Il 21 luglio dello scorso anno, pochi giorni dopo essere stato investito da un’auto mentre attraversava la strada su un passaggio pedonale a Ostia, moriva Luca Serianni. Era il più importante linguista italiano: così l’ha definito Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca.

Alla notizia della sua scomparsa, si è scatenata per giorni e settimane, sui giornali e sui social network, un’ondata di testimonianze calde e affettuose di ex studenti del professore, che aveva insegnato per molti anni Storia della lingua italiana all’Università “La Sapienza” di Roma. In questi ricordi ricorrevano due elementi. Tutti rammentavano l’estrema cura con cui svolgeva le lezioni. Si capiva che nulla veniva improvvisato, ma che dietro la linearità e precisione della sua esposizione c’era un assiduo lavoro di preparazione. Sapere che un professore si prepara così accuratamente trasmette agli studenti l’idea che per quel professore gli studenti sono importanti. Il secondo elemento è che Serianni ricordava nome e cognome di quasi tutti i ragazzi che avevano frequentato i suoi corsi. Probabilmente era assistito in ciò da una memoria straordinaria. Ma la circostanza testimonia quanto sia centrale nell’insegnamento, a qualsiasi livello (dalla scuola primaria all’università), la dimensione della relazione personale, fondamentale per il successo di ogni azione educativa.

Sono, queste, due cose che Serianni ha insegnato ai docenti su che cosa significhi insegnare, attività alla quale annetteva un importante valore morale e civile. Ma nella sua carriera di studioso ha anche riflettuto a lungo su che cosa significhi insegnare - nello specifico - la sua materia, l’italiano. Il 14 giugno del 2017, alla vigilia del pensionamento, aveva tenuto la sua lezione di congedo davanti a una gremita Aula 1 di Lettere alla “Sapienza”: una lectio magistralis rigorosa, lucida e ironica (com’era lui). Insegnare l’italiano nella scuola e nell’università - questo il titolo da lui scelto - è ora pubblicata dalle Edizioni di Storia e Letteratura con l’introduzione di Valeria Della Valle (pagine 60, euro 6,00).

Tra i vari punti toccati, il testo della lezione si sofferma sui rapporti tra lingua e letteratura nell’insegnamento dell’italiano. Su ciò le idee di Serianni sono molto chiare: «Sono contrario, a differenza di qualche mio collega linguista, a separare i due insegnamenti. Ma non vanno trascurate le differenze in termini formativi. La confidenza con i testi letterari non ha come prima funzione quella di insegnare la lingua (semmai la presuppone). La letteratura, nella secondaria di primo grado e nel biennio, ha un potenziale educativo che va in un’altra direzione, quella di far riconoscere ed esprimere adeguatamente sentimenti ed emozioni e di sviluppare l’immaginario».

Da qui la sua disapprovazione di quella che è un’abitudine consolidata nella prassi didattica: «Sottoporre il testo letterario a esercizi linguistici (a partire dalla prova principe per misurare la reale comprensione di un testo e la capacità di gerarchizzarne le informazioni, il riassunto) significa svilire il suo carattere intrinsecamente plurivoco oltre che spegnere inevitabilmente nel discente ogni piacere per la lettura». L’idea additata da Serianni è, insomma, quella di una «didattica indocile» rispetto ai modelli consolidati. Mutuo l’espressione dal sottotitolo di un bel libro curato per Laterza da Emanuele Zinato, professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Padova: Insegnare letteratura. Teorie e pratiche per una didattica indocile (pagine 236, euro 20,00).

In che cosa consiste l’«indocilità» auspicata da Zinato? Nella rivendicazione, più volte affermata nel volume, di spazi di autonomia e libertà per i docenti rispetto alle imposizioni normative. L’idea di scuola che emerge è quella di un vivace laboratorio didattico. In tal senso appaiono particolarmente interessanti le proposte di applicazione pratica contenute nella terza sezione del saggio (dopo una prima sezione dedicata al mestiere dell’insegnante e una seconda incentrata sulla costruzione della didattica). Si può insegnare per temi, per generi, per convergenze e divergenze con le altre discipline... l’importante è essere disponibili a sperimentare e a non adeguarsi passivamente ai percorsi preconfezionati proposti dai libri di testo: il manuale di letteratura (possibilmente un buon manuale di letteratura) è utile, anzi indispensabile, ma va considerato uno strumento da utilizzare in maniera creativa. Le potenzialità formative della letteratura possono essere còlte molto presto, già dalle scuole elementari, senza limitarsi alla produzione per l’infanzia. Porre i giovani discenti di fronte a testi letterari veri e propri (naturalmente scelti con buon senso) è una sfida da cogliere.

Ne è convinto Matteo Giancotti, autore del volume Educare al testo letterario. Appunti e spunti per la scuola primaria (Mondadori Università, pagine 274, euro 26,00), indirizzato soprattutto (ma non solo) ai maestri e a chi si prepara a diventarlo. L’autore, docente di Educazione al testo letterario nell’Ateneo patavino, individua nel fenomeno letterario sia una possibilità di arricchimento personale per il bambino sia una via d’accesso privilegiata al mondo dell’infanzia. Un grande poeta del nostro Novecento particolarmente adatto in tale direzione - con le sue rime “chiare” ed “elementari” potrebbe essere Giorgio Caproni. Su di lui, Maria Teresa Caprile, docente a contratto di Lingua e letteratura italiana per stranieri all’Università di Genova, ha incentrato le riflessioni contenute nel saggio La poesia di Giorgio Caproni per imparare l’italiano e per conoscere l’Italia (Gammarò, pagine 334, euro 24,00). La scommessa è che la poesia di Caproni possa rappresentare un ricco serbatoio di spunti per approfondire la conoscenza della lingua italiana, ma anche della storia e della società del nostro Paese, sia per gli studenti madrelingua sia per quelli provenienti da altri mondi culturali e linguistici.

Roberto Carnero

Avvenire, 15 marzo 2023