Se le aziende italiane fanno fatica a trovare quasi il 40% delle figure professionali di cui hanno bisogno per crescere, una parte di responsabilità è in capo anche al sistema di orientamento dei giovani verso la scuola superiore. Una scelta che gli studenti di terza media (e le loro famiglie) saranno chiamati a fare tra il 9 e il 30 gennaio prossimi, in vista dell’anno scolastico 2023/2024.
Proprio ai genitori, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha inviato ieri una lettera, sollecitandoli a «riconoscere e valorizzare» le «passioni, predisposizioni e desideri» dei figli, ascoltandoli «con pazienza» per «aiutarli a decidere non sulla base di semplici emozioni, del sentito dire di amici e adulti, bensì sulla base di conoscenze concrete raffrontate con la matura consapevolezza delle proprie abilità e potenzialità».
Un contributo arriverà anche dalla «specifica piattaforma per l’orientamento» a cui il ministero sta lavorando, dove saranno riportate le statistiche principali del mercato del lavoro nazionale e le prospettive occupazionali dei diplomati suddivise per indirizzo di studio. Secondo gli ultimi dati del ministero del Lavoro, a due anni dal diploma ha trovato un’occupazione il 38% dei maturati, con punte del 60% per gli istituti professionali e del 49% per i tecnici, mentre per quanto riguarda i liceali, ha un contratto il 25% dei diplomati. Gli altri, invece, proseguono all’università. Qui gli ambiti disciplinari più scelti sono l’Ingegneria industriale e dell’informazione, preferito da chi ha frequentato un liceo, mentre i diplomati agli istituti tecnici proseguono con studi di carattere economico e ingegneristico e chi ha frequentato un professionale si dirige anch’esso verso studi economici ma anche rivolti all’educazione e alla formazione.
Infine, nella lettera alle famiglie il ministro Valditara allega anche i dati delle “filiere professionali” che saranno maggiormente richieste da qui al 2026, secondo le previsioni di Unioncamere e Anpal. Al primo posto, con il 18% delle preferenze, troviamo il comparto del commercio e turismo, seguito dai servizi pubblici e privati (14%), dalla finanza e consulenza e dall’area della salute (12%) e da formazione e cultura (11%). Per quanto riguarda, infine, le categorie professionali maggiormente richieste, al primo posto ci sono i dirigenti, le professioni con elevata specializzazione e i tecnici (41%), seguiti dagli impiagati e dalle professioni commerciali e nei servizi (31%), dagli operai specializzati e conduttori di impianti e macchine (18%), per chiudere con le professioni non qualificate, che riguardano, però, appena un contratto di lavoro su 10. Per il resto, alle imprese italiane servono fabbri, artigiani e operai qualificati del tessile e dell’abbigliamento (65% delle domande inevase), costruttori di utensili (65,8%), fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori carpenteria metallica (66,2% dei posti di difficile reperimento). Sono risultati difficili da reperire anche gli ingegneri in generale (47,8%), i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (57,1%) così come gli specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali (57,2%), i tecnici della distribuzione commerciale (58,7%) e quelli informatici, telematici e delle telecomunicazioni (59,2%).
Per colmare quest’altra lacuna, il ministro Valditara ha annunciato una «riforma delle materie scientifiche» e dell’«istruzione professionale», perché, ha spiegato intervenendo all’istituto “Opere sociali Don Bosco Salesiani” di Sesto San Giovanni, nel Milanese, «è sull’istruzione tecnica e professionale che si gioca il destino industriale di un Paese».
Paolo Ferrario
Avvenire, 20 dicembre 2022