UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Leggere per non perdere la capacità di conoscere

La neuroscienziata Maryanne Wolf interviene sul futuro della conoscenza umana nell’ambito del centenario dell’Università Cattolica
28 Ottobre 2021

poesia, di filosofia». Un’abitudine quotidiana fondamentale per arginare l’«impatto» della tecnologia sul processo cognitivo e «preservare la conoscenza» umana. È il suggerimento, semplice ma prezioso di Maryanne Wolf, docente della University of California di Los Angeles (UCLA), membro della Pontificia Accademia e attenta studiosa della lettura, contro il «sovraccarico di informazioni» che sta cambiando la nostra stessa «capacità di leggere». Con la drastica conseguenza di compromettere l’empatia, la comprensione, l’analisi critica. Il costo, insomma, che noi tutti stiamo pagando alla digitalizzazione in cambio di altri benefici ricevuti nel campo della ricerca scientifica, della conoscenza, della sanità. Una riflessione da tempo al centro delle sue attività di ricerca come testimoniano i due bestseller pubblicati dalla casa editrice Vita e Pensiero“Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge” (2009) e “Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale” (2018).

La neuroscienziata cognitivista americana ha esposto le sue preoccupazioni sul futuro della conoscenza umana lunedì 25 ottobre nell’Aula Magna dell’Università Cattolica dove ha pronunciato la lecture “Information, Knowledge, Wisdom. Their Transmission and Transformation in the Digital Age”, terza conferenza del ciclo “Un secolo di futuro: l’Università tra le generazioni” promosso dall’Ateneo in occasione del Centenario.

Più informazioni non implicano necessariamente più conoscenza, come ha ribadito Maryanne Wolf, secondo cui ciò che conta «non è tanto quello che si legge ma come si legge». Purtroppo, «il mezzo e lo scopo della nostra lettura stanno cambiando» a causa del digitale. Certo, «nessuno di noi ha un cervello destinato a saper leggere». Si tratta di qualcosa di nuovo anche per la nostra specie, per questo è stato elaborato un «nuovo circuito» adatto alla lettura. «Il cervello che legge» è la nostra piattaforma per raggiungere la «saggezza», quella che Wolf definisce anche «principio proustiano», perché consente di arrivare alla sapienza attraverso l’autore che si legge. Tuttavia, un cervello che elabora, che produce insights, ha bisogno di tempo, di un’alta qualità di attenzione.

Che cosa succede, invece, con le nuove tecnologie? Nella transizione da una cultura letteraria a una cultura digitale, l’uomo da pensante si sta trasformando in un soggetto che va alla ricerca. Siamo passati dal «Cogito, ergo sum» cartesiano al «Quero, ergo sum». Solo che, ha rimarcato Wolf, «nel mio mondo cercare significa mettere a disposizione informazioni che vengono da una piattaforma esterna. Questo ha fatto sì che quando leggiamo siamo simili a “skimmer”, saltiamo da un punto all’altro senza più essere in grado di comprendere il senso profondo di un contenuto e la bellezza del suo linguaggio».

Katia Biondi

(da Cattolicanews, 26 ottobre 2021)

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