UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le radici dell’Università Cattolica

L’assistente ecclesiastico generale mons. Giuliodori: l’incontro con il Papa è il nostro grazie per la beatificazione di Armida Barelli a cui dobbiamo molto
26 Aprile 2023

«Un ritorno alle radici sotto molti punti di vista». E li elenca il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica e anche dell’Azione cattolica italiana commentando l’udienza che questa mattina papa Francesco concederà alla comunità accademica, all’Ac e alle Missionarie della regalità di Cristo, come ringraziamento per la beatificazione di Armida Barelli, avvenuta un anno fa a Milano. «Tutte e tre le realtà presenti all’incontro di questa mattina - spiega il vescovo - devono all’azione di Armida Barelli la propria nascita. E così, ad esempio, Università Cattolica e Azione cattolica riscoprono che nelle proprie radici c’è un elemento comune, una persona a cui devono molto.

E anche la 99ª Giornata per l’Università Cattolica, dopo quella dell’anno scorso avvenuta all’indomani della beatificazione, appare fortemente sotto il segno di Armida Barelli, che tra l’altro ne fu l’ideatrice e promotrice.

Come si può vedere è una figura decisiva per diverse realtà, ma penso che soprattutto la grande novità rappresentata da un Istituto secolare di consacrate, che restano però nel mondo, come le Missionarie della Regalità, sia la vera chiave di volta per comprendere l’attivismo e l’opera di Armida Barelli. La scelta di una vita dedicata alla Chiesa, radicata nella devozione al Sacro Cuore, ma attiva nel mondo soprattutto in favore delle donne, di cui ha valorizzato e promosso la presenza, il ruolo sociale e la partecipazione alla vita del Paese. Penso che la beatificazione della Barelli ci permetta di riscoprire la sua opera e l’importanza che ha avuto nella storia della Chiesa e del nostro Paese, non solo sotto l’aspetto spirituale, ma anche sociale.

Il suo duplice incarico di assistente ecclesiastico generale di Università Cattolica e Ac, rientra in queste radici comuni?

Papa Francesco ha sicuramente visto queste radici comuni. Del resto la beata Barelli volle mettere nello statuto della Gioventù femminile di Ac l’impegno a sostenere con la preghiera ed economicamente l’Università Cattolica. E queste due realtà nel corso di questo ultimo secolo hanno attinto l’una dall’altra per operando in aree differenti, ma pur sempre con uno spirito popolare.

Oggi siete dal Papa, che ha mostrato grande attenzione verso l’Università Cattolica. Un legame, quello tra l’ateneo e i Pontefici, che possiamo definire forte e solido?

Certamente. Papa Francesco ha seguito con forte partecipazione gli anniversari che abbiamo celebrato in questi ultimi anni. Nel novembre 2021 ha voluto celebrare Messa nella chiesa della facoltà di Medicina a Roma in occasione dei 60 anni della sua istituzione. Così come attraverso un videomessaggio ha voluto essere presente all’inaugurazione dell’anno accademico del centenario il 19 dicembre 2021. In entrambe le occasioni ci ha lasciato messaggi di altissimo livello richiamando ad esempio l’immagine dell’ospedale da campo visitando la facoltà di medicina, o consegnandoci tre parole nel videomessaggio del centenario: conservare il fuoco ricevuto dai nostri fondatori, promuover la speranza che la presenza dell’ateneo ha generato tra i giovani del nostro Paese e non dimenticarsi del servizio alla Chiesa e alla società. Un servizio nascosto e in favore del bene dell’uomo.

Nel messaggio della presidenza della Cei per la Giornata celebrata domani in tutte le chiese italiane, si parla di nuove sfide del nuovo umanesimo. In cosa si concretizzano queste sfide per l’Università Cattolica?

Con il termine umanesimo abbracciamo molti campi. Non sono esclusi quelli dell’innovazione, della

ricerca scientifica, della conoscenza tecnologica. Pensi ai temi delle neuroscienze, dell’intelligenza artificiale. del metaverso. Tutte evoluzioni della ricerca scientifica che in diversi casi possono trasformare lo stesso essere umano da soggetto a oggetto della ricerca. Un esempio concreto? La ricerca sul Dna umano: importante e utile quando interviene per risolvere malattie, pericolosa quando può portare alla manipolazione di alcuni suoi segmenti. Quello che vogliamo dire è che questa fase della ricerca richiede consapevolezza da parte di tutti, e che la dignità dell’essere umano, la sua essenza, venga rispettata sempre. Coscienza ed etica sono due strumenti importanti da mettere in campo. L’Università Cattolica è chiamata a fare la propria parte in questo frangente non rinunciando mai ad essere una comunità educante, nella quale ricerca e didattica camminino insieme.

È forse questa la missione che attende l’Università Cattolica nel suo immediato futuro?

Sicuramente la sfida è proprio quella di condividere questo cammino unitario tra ricerca scientifica ed educazione integrale della persona. Certo la valutazione delle ricerche universitarie compiute sono importanti e indispensabili anche nello stilare le classifiche, ma non può rappresentare l’unico elemento, mettendo quasi in secondo piano la didattica. Ecco l’ateneo dei cattolici è chiamato a mantenere viva questa capacità di essere, come dicevo, comunità educante.

Cosa lasciano questi ultimi anni di anniversari che l’ateneo ha vissuto?

Da una parte memoria grata per i nostri fondatori e per quanti hanno lavorato per far crescere la nostra realtà accademica. Potremo dire, guardando al futuro, che dopo un primo secolo orientato al servizio per la formazione dei giovani in Italia attraverso un ateneo nazionale, i prossimi cento anni non possono che essere orientati internazionalmente, partendo dalle nostre eccellenze, per mettere al servizio di altri Paesi. Vanno in questa direzioni i numerosi progetti di solidarietà che abbiamo attivato in diversi Paesi in via di sviluppo. In Africa, ad esempio, grazie anche alle nuove tecnologie abbiamo attivato corsi triennali per dottorati di ricerca rivolti a un centinaio di professori universitari di una ventina di atenei africani. Una formazione a distanza, ma che permetterà loro di conseguire dottorati che in altro modo non avrebbero mai potuto ottenerlo. Ecco questo è un orizzonte che possiamo immaginare per il futuro del nostro ateneo, ovviamente senza dimenticare la nostra missione in terra italiana.

Enrico Lenzi

Avvenire, 22 aprile 2023