Dalla lezione frontale alla classe capovolta, dalla cattedra come elemento imprescindibile al superamento della centralità dell’aula. Una rivoluzione silenziosa ma inarrestabile sta attraversando la scuola italiana da dieci anni a questa parte. Un cambiamento sotto traccia e ancora poco raccontato, ma che sta riscuotendo sempre maggior interesse tra insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie. Il movimento delle Avanguardie educative, promosso dall’Indire, che ha visto la luce il 6 novembre 2014, ha spento le sue prime dieci candeline con un convegno celebrativo a Firenze, durante il quale sono state ricordate le tappe principali di un processo che continua tuttora e, ormai, ha tracciato la strada per il futuro dell’innovazione della didattica. «La scuola si può cambiare soltanto dal basso: nessuna trasformazione è possibile dall’alto».
uesto il “precetto” di base, coniato dall’ex-presidente di Indire, Giovanni Biondi, oggi direttore scientifico di Didacta, che ha caratterizzato questo decennio e che ha prodotto il Manifesto delle Avanguardie educative, un progetto con “sette orizzonti”. «Siamo partiti con 22 scuole fondatrici e oggi aggreghiamo quasi 1.600 istituzioni scolastiche su ottomila», ricorda Biondi, non senza un pizzico si legittimo orgoglio. Il Movimento ogni anno ha visto crescere sempre più le adesioni delle scuole: nel 2015 erano 263, 522 nel 2016 e mille nel 2019. Oggi, gli istituti che fanno parte della rete sono 477 nel nord Italia, 380 nel centro e 733 al sud e nelle isole.
«Il Movimento è fatto dalle scuole per le scuole – ricorda Biondi – con l’obiettivo di trasformare un modello scolastico trasmissivo, che ci portiamo dietro dal secolo scorso, ormai non più adeguato ai cambiamenti sociali e non più in grado di coinvolgere una nuova generazione di studenti digitali e disallineato dalla società della conoscenza».
Una dimostrazione di quanto il vecchio modello di scuola non fosse più adeguato ai tempi nuovi, l’abbiamo avuta allo scoppio della pandemia, quando è entrata in scena, per la prima volta su larga scala, la didattica a distanza, allora ancora sconosciuta alla maggioranza dei docenti e degli alunni. Proprio in quel frangente, l’esperienza di Indire e delle Avanguardie educative, ha permesso di offrire un supporto concreto ad oltre 140mila insegnanti in poco meno di due mesi.
«Le idee alla base del Movimento – riprende Biondi – hanno anche l’ambizione di cambiare lo stesso ambiente scolastico, grazie all’uso delle tecnologie». Come, appunto, è successo durante l’emergenza sanitaria, con la sospensione delle lezioni in presenza e milioni di studenti, dai 6 ai 19 anni, a casa davanti a un monitor. La stessa organizzazione del tempo-scuola, nella filosofia delle Avanguardie educative, deve cambiare. E così, per esempio, è nata la “classe capovolta” o flipped classroom, dove «la lezione diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori – si legge nella Galleria delle Idee –. In questo contesto, il docente non assume il ruolo di attore protagonista, diventa piuttosto una sorta di facilitatore, il regista dell’azione didattica».
Un’altra idea che ha avuto successo tra le scuole è quella del debate, che consiste in un confronto fra due squadre di studenti che sostengono e controbattono un’affermazione o un argomento dato dal docente, ponendosi in un campo (pro) o nell’altro (contro). «È un’idea che si applica a tante materie, tra cui Religione e Filosofia», sottolinea Biondi. Con “l’apprendimento differenziato”, invece, «l’insegnante accoglie le differenze, promuove le potenzialità, riconosce i talenti, personalizza la proposta formativa e valorizza il lavoro della comunità, rendendo ogni alunno protagonista del proprio curricolo», mentre il service learning «propone un’idea di scuola civica come luogo di incontro tra sapere formale e informale che si realizza nell’integrazione tra scuola e territorio e nella realizzazione di esperienze di apprendimento significativo con finalità di interesse sociale».
Tutte le idee hanno un obiettivo comune, che Biondi sintetizza così: «Mantenere un livello educativo alto perché i ragazzi possano esprimere i propri talenti e competenze». Che poi è lo scopo per cui la scuola è nata. Ma che, adesso, deve essere raggiunto sperimentando strade nuove, capaci di esaltare al massimo la voglia di protagonismo delle giovani generazioni.
Paolo Ferrario
Avvenire, 8 novembre 2024