La circolare ministeriale dell’11 luglio 2024 che ha introdotto il divieto dell’uso degli smartphone fino alla secondaria di primo grado ha avuto il merito di fare luce sui rischi dell’utilizzo prolungato dei device elettronici in età evolutiva. Diversi studi internazionali ne evidenziano gli effetti negativi a livello cognitivo e relazionale e già nel 2020 l’Oms forniva indicazioni circa il divieto assoluto di restare fermi davanti a uno schermo per i bambini da zero a due anni, mentre dai due ai quattro anni i bimbi non dovrebbero guardare passivamente lo schermo per più di un’ora. Evidentemente la questione non si risolve con un divieto ministeriale o altre indicazioni normative, seppur utili, ma anche in questo ambito occorre richiamare la responsabilità educativa degli adulti e una forte alleanza scuola-famiglia perché l’avventura educativa non può essere solitaria.
Cosa possono quindi fare genitori ed educatori? Come sempre il problema dell’educazione non riguarda innanzitutto i piccoli, ma noi grandi ed è un problema di testimonianza di vita circa il “nostro” rapporto con lo smartphone e le nuove tecnologie, perché i nostri comportamenti quotidiani rappresentano modelli di identificazione per le nuove generazioni. Ricordiamo uno spot del 2007 “children see, children do” che invitava a riflettere sulle nostre azioni pensando che dietro di noi in qualsiasi momento un bambino ci sta guardando. Che cosa vedono i nostri figli mentre ci guardano (spesso mentre abbiamo un cellulare in mano)? Quale ipotesi di significato della vita proponiamo loro? Le nuove tecnologie integrano o sostituiscono le esperienze che caratterizzano la nostra quotidianità?
In secondo luogo verrebbe da dire, riprendendo il titolo di un famoso libro del 2015 di Peter Gray, psicologo evoluzionista del Boston college: “Lasciateli giocare!”. Ad arrampicarsi sugli alberi, a costruire una capanna, a fare le pappe di fango, a scavare buche, a dare un nome alle forme delle nuvole, a fare finta di essere pirati in un mare tempestoso… Promuovere tempi e spazi distesi per il gioco libero dei bambini è una prima azione preziosa per sostenere il loro ben-essere e la loro crescita. Sempre Gray ci ricorda come gli adolescenti che hanno giocato di più nella loro infanzia sono quelli meno ansiosi e narcisisti, più intraprendenti e autonomi.
Non si tratta di un invito semplicistico ad un ritorno al passato né di fare guerra alla tecnologia che contraddistingue l’azione creativa dell’uomo, portando anche notevoli benefici ed opportunità, ma di ri-conoscere i rischi e cogliere la “sfida educativa” che la rivoluzione digitale pone a ciascuno di noi. Facciamo quindi nostro l’invito di Fabio Pasqualetti che all’interno del testo del Centro Studi Scuola Cattolica dedicato alle emergenze educative conclude: «È la nostra umanità che determina l’uso della tecnologia; se avviene il contrario è perché abbiamo perso la nostra essenza».
Lara Vannini, Responsabile area pedagogica Fism nazionale
Avvenire, 15 ottobre 2024