UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

L’ascensore sociale della formazione? È bloccato ormai da vent’anni

Il (nuovo) allarme sulla scuola italiana nel rapporto di Fondazione Rocca
18 Novembre 2022

L’ascensore sociale della scuola è bloccato da vent’anni e non per una questione di risorse che mancano, ma perché è un “carrozzone” «praticamente immobile da oltre un secolo». Per invertire la rotta serve una «riorganizzazione basata sull’autonomia». È questa la “ricetta” uscita dal dibattito alla presentazione del rapporto “Scuola, i numeri da cambiare”, promosso ieri da Fondazione Rocca in collaborazione con l’associazione TreElle, a dieci anni dall’ultima ricerca sulla condizione della scuola italiana. In questi due lustri, il quadro non è sostanzialmente cambiato. Anzi, è andato sempre peggiorando. Così, oggi, la nostra scuola vive uno «stagnante immobilismo», di cui a farne le spese sono, soprattutto, gli studenti delle scuole medie, principale nodo da sciogliere per rilanciare l’istruzione nel suo complesso. È qui, alle medie, che la situazione precipita e porta, cinque anni dopo, circa la metà dei maturandi a non sviluppare le competenze sufficienti in italiano e matematica. «La sfida è organizzativa più che economica», ha ricordato il presidente di Fondazione Rocca, Gianfelice Rocca, paragonando il sistema scolastico a un «transatlantico con 800mila membri dell’equipaggio (gli insegnanti) e 8 milioni di passeggeri. Per le scuole medie, secondo il rapporto ciò significa, per esempio, introdurre «modelli educativi meno frontali e più immersivi e una formazione che migliori la preparazione nelle materie Stem che hanno bisogno di laboratori».

Come ricordato dal direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, alle medie il grande assente si chiama “orientamento”, che «viene fatto poco e male». Così, una scelta sbagliata delle scuole superiori «può condizionare il futuro in modo irreversibile». Per questa ragione, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Vanditara, ha annunciato che manderà «una lettera a tutte le famiglie per far capire, grazie a dati concreti, quali sono, in base al territorio, le potenzialità occupazionali e retributive». Evitando così, come ha ricordato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che, soltanto a novembre, «su 382mila profili ricercati dalle imprese, più di 177mila sono di difficile reperimento». Un problema che non si pone, invece, ai diplomati degli Istituti tecnologici superiori (Its), con la scuola primaria, le «isole virtuose» del sistema di istruzione. A parlare sono i numeri: la quota di studenti degli Its che trova lavoro entro un anno dal diploma è superiore all’80-90%.

Secondo il rapporto, il “segreto” del loro successo (e quello delle vecchie elementari), risiede nel fatto che «l’insegnamento e i modelli organizzativi sono meno standardizzati, più flessibili e più competitivi.

In queste due “isole” – si legge nel rapporto – lo sforzo educativo è orientato allo studente e allo sviluppo delle competenze». Uno sforzo che va esteso a tutti i gradi scolastici (anche alle università, ha proposto il Premio Nobel, Giorgio Parisi, dando il sostegno all’iniziativa di Fondazione Rocca), ma che andrebbe anche “misurato” in termini di efficacia ed efficienza.

«È urgente potenziare un Servizio nazionale di valutazione», ha ricordato il presidente dell’associazione TreElle, Attilio Oliva. Mentre il presidente della Fondazione Compagnia San Paolo, Francesco Profumo, ha lanciato la proposta di un progetto di riforma con un orizzonte di «almeno vent’anni». Come ha fatto, negli anni ‘90, la Finlandia. Che ora è ai primi posti della classifica Ocse, mentre noi arranchiamo, ormai da tempo, nelle retrovie.

Paolo Ferrario

Avvenire, 18 novembre 2022