Sostiene di non essere un esperto, ma in materia liceo classico in monsignor Mario Delpini ha le idee molto chiare. «Dal mio punto di vista – dice – il motivo per cui si imparano il greco e il latino è lo stesso per cui si apprende qualsiasi altra lingua: poter leggere i testi nella loro versione originale, per apprezzarli e interpretarli meglio». È l’esercizio al quale l’arcivescovo di Milano si è dedicato ieri mattina insieme con gli studenti dell’Istituto Sant’Ambrogio di Milano in occasione dell’ormai tradizionale “Classico Day”, l’annuale momento di riflessione che il liceo di via Copernico dedica all’attualità dell’antico. Nessuna nostalgia, sottolinea il preside don Damiano Galbusera, ma la volontà di tornare ai classici per immaginare una nuova civiltà. A scandire le tappe del percorso sono i frammenti dei tragici greci interpretati da allievi ed ex allievi dell’Istituto.
Ogni volta monsignor Delpini interviene e commenta, spesso appellandosi alla saggezza della Bibbia («Fondamentale per comprendere l’antichità – sottolinea – e ingiustamente emarginata dalla scuola»). Non mancano i richiami al presente: «Anche l’uomo di oggi ha un atteggiamento ambiguo verso il limite – osserva a proposito dell’Agamennone di Eschilo –. Da un lato tende a superarlo, dall’altro diffida della presunta onnipotenza della scienza». Il tema del rapporto con lo straniero è invece posto dalla Medeadi Euripide: «L’accoglienza può essere difficoltosa – ammette –, ma nella mia esperienza di vescovo continuo a incontrare situazioni di straordinaria apertura, da parte sia della comunità cristiana sia di quella civile». E la legge, rovello centrale dell’Antigone di Sofocle? «Corriamo il rischio di una tirannia del consenso, che nasce dalla trasformazione dei desideri in diritti», avverte monsignor Delpini. Tra una riflessione e l’altra, affiora qualche ricordo della sua esperienza di insegnante di latino e greco in Seminario: «A me piaceva molto – confessa –, peccato che solo un paio dei miei allievi si siano poi laureati in Lettere classiche, come avevo fatto io». Ma per l’università c’è tempo. Intanto cominciamodal liceo.