UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«La via della pace? Educare alla fraternità e al pensiero critico»

Dall’uso delle nuove tecnologie al “gender”: il pedagogista Domenico Simeone riflette sul discorso del Papa al Corpo diplomatico
9 Gennaio 2024

«La via della pace passa per l’educazione, che è il principale investimento sul futuro e sulle giovani generazioni», ha detto papa Francesco nel discorso al Corpo Diplomatico. Come farsi carico di questa sfida? «Non si tratta certo di introdurre una disciplina nuova a scuola, un’ora settimanale di “educazione alla pace”. Perché in realtà l’educazione alla pace dovrebbe essere lo stile relazionale che abita ogni istituzione scolastica. La scuola educa alla pace se è inclusiva, promuove il pensiero critico, favorisce l’incontro con l’altro». Una sfida che riguarda tutti i soggetti e le comunità educanti. «È sempre più urgente e necessario che le scuole, le università, la società, diventino laboratori di pace dove si impara l’incontro con l’altro, si costruisce una prospettiva interculturale, si pratica il linguaggio della fraternità». Parola di Domenico Simeone, preside della Facoltà di Scienze della formazione all’Università Cattolica, nonché – fra le altre cose – direttore dell’Osservatorio per l’educazione e la cooperazione internazionale e della Cattedra Unesco “Education for Human Development and Solidarity among Peoples”.

L’educazione, annota Simeone, è tema ricorrente negli interventi di Francesco: «è chiave di volta di cambiamenti più radicali e profondi. Come ci ricorda nei suoi ripetuti appelli a costruire un patto educativo globale, l’educazione porta con sé un seme di speranza. È la speranza che nasce dal poter pensare insieme in maniera diversa il nostro futuro. Per costruire il dialogo che abbatte muri e costruisce ponti, è necessaria quell’educazione alla fraternità e all’accoglienza dell’altro di cui il Papa parla nel discorso al Corpo Diplomatico». E ne parla, significativamente, là dove chiede che sia «sradicata dalla società» la «piaga» del crescente antisemitismo. «Mi fa riflettere che il Papa, parlando di educazione, ricordi la Gmg di Lisbona – riprende Simeone –: è un credito di fiducia verso i giovani che sono la speranza di un futuro diverso. Mi torna in mente quel che disse Giovanni Paolo II alla veglia di preghiera alla Gmg di Roma, nel 2000: “Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri... Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario”.

Dopo 24 anni c’è ancora bisogno di giovani che non si prestino a essere strumenti di violenza ma sappiano difendere e costruire la pace». La storia mostra come l’educazione possa essere «strumento di dominio, condizionamento, inganno, piuttosto che processo di liberazione e umanizzazione. A fare la differenza è un’educazione che sappia mettere al centro la persona e non abbia altro interesse che la crescita della persona e della società in cui vive».

In questo quarto di secolo, intanto, la «sfida educativa» ha assunto profili nuovi, come quello relativo all’«uso etico delle nuove tecnologie» e dell’intelligenza artificiale, ha sottolineato Francesco davanti agli ambasciatori. «Questioni cruciali che il Papa ha affrontato anche nell’ultimo Messaggio per la Giornata della pace – annota Simeone – e che chiamano a una responsabilità specifica la scuola, l’università e la società scientifica». La via della pace, ha ribadito ieri il Papa, «esige il rispetto della vita, di ogni vita umana». E il rispetto «dei diritti umani»: quelli formulati nella Dichiarazione Universale del 1948, non i «nuovi diritti» espressione di «colonizzazioni ideologiche» a cui si deve «la teoria del gender». E anche queste sono sfide che investono il mondo dell’educazione. «La differenza – spiega Simeone – sta nel fatto che i diritti umani autentici sono riconosciuti dentro un processo di confronto, negoziazione, condivisione, rispondono alle esigenze profonde di ogni persona, chiamano a una visione condivisa dell’umano, a ciò che unisce e ci rende fratelli. Gli altri sono invece “diritti pretesi”, eludono il confronto, l’approfondimento, la critica. Nel suo discorso al Corpo Diplomatico il Papa ci ricorda che dialogare richiede pazienza, perseveranza, capacità di ascolto. A questo dobbiamo educare e educarci. Per promuovere la pace. E riconoscere, nel dialogo, i diritti umani fondamentali».

Lorenzo Rosoli

Avvenire, 9 gennaio 2024