Con la nascita nel XVIII secolo degli Stati moderni, si affermarono modelli di governo statalisti e accentratori che gradualmente annullarono e/o depotenziarono il ruolo dei corpi intermedi della società. A questo modello di governo si opposero i principali esponenti del liberalismo moderno, come Locke e Montesquieu, difendendo il ruolo dei corpi intermedi come garanzia di libertà dei cittadini, della loro partecipazione alla realizzazione del bene comune e del pluralismo e del progresso sociale.
Il ruolo dei corpi intermedi ha trovato riconoscimento e ampliamento nella Dottrina sociale della Chiesa, dall’Enciclica di Leone XIII, Rerum Novarum, del 1891. Ai corpi intermedi è stato riconosciuto un ruolo dinamico nel perseguimento del bene comune, che va oltre l’interesse dello Stato, attraverso l’applicazione dei due fondamentali principi di sussidiarietà e di solidarietà. Quando parliamo di corpi intermedi, ci riferiamo oggi in particolare a tutte quelle forme di libere e volontarie aggregazioni, laiche e/o religiose, (associazioni, fondazioni, organizzazioni, congregazioni, cooperative, ecc.) che perseguono finalità sociali rivolte a categorie particolari (istruzione, sanità, tutela del lavoro, ecc.) o alla generalità dei cittadini (politica, cultura, economia, ecc.).
Le scuole paritarie sono fra i corpi intermedi quelle che assieme alle opere assistenziali hanno e continuano ad avere una presenza di solidarietà sul territorio per garantire, non come supplenza dello Stato, il bene comune nell’ambito della formazione delle nuove generazioni. Nei confronti dei corpi intermedi e in particolare delle stesse scuole paritarie, si contrappongono due posizioni: la prima, pur riconoscendone il ruolo sociale, ritiene che i corpi intermedi vadano solo regolati giuridicamente, mentre la loro sopravvivenza e sviluppo dipenda dalle loro autonome capacità economiche; la seconda, sostenuta dalla Dottrina sociale cristiana, ritiene che i corpi intermedi di utilità sociale vadano sostenuti con adeguate politiche e interventi economici. Il principio di sussidiarietà, infatti, giudica doveroso l’aiuto giuridico ed economico (subsidium) per garantirne la sussistenza e l’efficacia nel perseguire il bene comune.
Oggi in Italia ha prevalso la prima posizione, soprattutto nell’ambito scolastico: nessuno o pochi negano la legittimità dell’esistenza della scuola non statale, autonoma e paritaria, ma molti, anche nel mondo cattolico, ritengono che lo Stato non abbia il dovere o addirittura gli sia proibito (attraverso un’interpretazione ideologica del terzo comma dell’articolo 33 della Costituzione) aiutare economicamente la scuola paritaria a svolgere le proprie attività statutarie e per le quali sono state fondate dalle comunità laiche e/o religiose. Al limite si permette di venire incontro alle famiglie degli alunni delle scuole paritarie, attraverso i buoni-scuola o le detrazioni fiscali delle rette o altre tipologie di bonus. Le scelte politiche finora perseguite nei confronti delle scuole paritarie, considerate una transitoria supplenza del sistema scolastico statale, e le parziali proposte messe in atto, hanno determinato e, assieme al calo demografico, produrranno nel prossimo futuro la chiusura di molte scuole paritarie. Quando una scuola paritaria, cattolica o laica, chiude dopo anni di servizio sul territorio, viene meno un pezzo di libertà, di pluralismo e di storia della nostra società.
Redi Sante Di Pol
Avvenire, 21 marzo 2017