UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La postmodernità, lettura individualista

L’intervento del teologo padre Roberto Nardin all’incontro formativo per i docenti di religione cattolica promosso dall’Ufficio scuola della Diocesi di Roma
18 Dicembre 2022

Delle tessere che compongono il mosaico, l’uomo contemporaneo sceglie solo quelle che più lo aggradano, perdendo di vista il senso dell’intero e facendo invece del singolo pezzo colorato il suo capolavoro prediletto. Ha usato proprio l’immagine del «frammento con pretesa di assoluto» padre Roberto Nardin, monaco benedettino e docente di Teologia sacramentaria alla Pontificia Università Lateranense, per definire che cosa sia la postmodernità nel corso dell’incontro formativo per i docenti di religione cattolica promosso dall’Ufficio scuola del Vicariato sul tema “Per un cristianesimo in epoca postmoderna”, che si è svolto lo scorso martedì.

«La postmodernità offre una lettura antropocentrica ed individualista della realtà, nella quale il singolo uomo decide su tutto – ha detto Nardin –: l’individuo stabilisce infatti cosa per lui sia bene e cosa sia male e lo fa anche riguardo alla religione e all’etica». Illustrando come questa concezione del reale «è frutto della delusione delle ideologie del XX secolo che, fondate sulla forza della ragione in contrapposizione alla centralità della fede che aveva dominato le epoche precedenti a quella moderna, hanno fallito, producendo due guerre mondiali, i gulag e la Shoah». A questo hanno fatto seguito «le crisi energetiche, economiche ed ecologiche – ha proseguito il religioso –, e il tutto ha condotto alla prospettiva postmoderna» ossia «alla frammentarietà» i cui esiti sono «l’individualismo e la mancanza di ideali, con ricadute anche per quanto riguarda la religione che è oggi fluttuante e “liquida”, stando alla definizione della società di Bauman».

In particolare Nardin ha declinato il “cristianesimo postmoderno” secondo 5 “categorie”: quella «dell’assolutismo, che guarda nostalgicamente ad un’epoca del passato della Chiesa», quella «funzionale, che ignora invece la tradizione e vive nell’oggi», quella «strategica, che guarda al futuro »; ancora, l’esperto ha parlato di «”cristianesimo intimista”, cioè di quella devozione priva di testimonianza, senza valenza pubblica», e infine di «”cristianesimo identitario”, vissuto tutto in funzione delle proprie particolarità».

L’auspicio di Nardin – che ha richiamato il Magistero e in particolare l’enciclica “Lumen fidei” di Francesco, nella quale il Papa invita «ad uscire dall’io autoreferenziale» – è che «il cristiano sia in grado di passare dalla logica del proprio personale “programma” a quella del “progetto” e infine della promessa e della profezia», mostrando «una permanenza che si oppone al provvisorio».

Michela Altoviti

Roma Sette, 18 dicembre 2022