Per un istante, dopo i proclami degli ultimi giorni, ieri è sembrato che il governo avesse bloccato lo stanziamento dei 660 milioni di euro previsti dal Pnrr per la creazione di nuovi alloggi universitari entro il 2026. Durante l’esame del Decreto legge “Pubblica amministrazione” nelle Commissioni Affari costituzionali e Lavoro, l’esecutivo ha ritirato i due emendamenti sulle residenze studentesche e sulla parità di genere negli appalti. Immediata la risposta delle opposizioni: «La loro idea di Paese? Le donne a casa e gli studenti nelle tende», ha scritto su Twitter la vicepresidente del Pd Chiara Giribaudo. Ma ben presto si è svelata la natura tecnica della questione. Gli emendamenti sono stati ritirati dal decreto “Pa” per evitare il rischio di una bocciatura per estraneità di materia. Ma sono subito stati presentati alle Commissioni parlamentari competenti per essere inseriti in un nuovo decreto “Omnibus”, il cui approdo in Aula è previsto per il 1° giugno, insieme a norme su Inps, Inail e gli Enti lirici. «Si tratta di una mera questione tecnica, nessun risvolto politico», ha puntualizzato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. «Nessuna retromarcia», ha confermato il Mur. Ieri intanto il Comune di Milano ha aperto ai 133 Comuni dell’area metropolitana e ai sindacati il tavolo sul caro-affitti.
La protesta degli studenti accampati nelle tende davanti alle università ha portato alla ribalta un problema, quello del caro affitti, che per molti giovani è un ostacolo alla frequenza di corsi di laurea nei principali atenei del nostro Paese. Riflettori puntati sui fuorisede, dunque, che stando ai dati relativi all’anno accademico 2021-2022 sono circa la metà della popolazione studentesca italiana: sono centinaia di migliaia i ragazzi che frequentano l’università fuori dalla provincia di residenza. Di questi, quasi il 30 percento studia fuori regione. Si possono calcolare in 160mila quelli interessati, per via del trasferimento da Sud a Nord, a soluzioni abitative dignitose, finora ignorati dalla politica.
Dati che riflettono un esodo che è quasi sempre unidirezionale: è infatti dal Sud e dalle Isole che parte oltre un terzo dei ragazzi che vanno a studiare in una regione diversa da quella di origine. Le méte predilette sono l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Lazio, che insieme assorbono il 50 percento del totale dei fuorisede (rispettivamente 21, 18 e 16 percento). Di contro, le regioni del Sud ospitano solamente il 7 percento degli studenti che lasciano la propria città di origine, con la Campania che fa da capofila (2 percento), mentre tra le regioni col maggior numero di “cervelli in fuga” svetta la Basilicata, con ben il 77 per cento di ragazzi che lasciano la regione per frequentare l’università altrove. In Puglia, nell’ultimo decennio, si sono “persi” ben 80mila studenti, che hanno preferito spostarsi al Nord per studiare e, stando alle proiezioni della società di consulenza Talents Venture, entro il 2040 molti atenei del Sud rischiano di andare incontro a una vera e propria “desertificazione”.
Una situazione che porta a galla problematiche che assumono contorni diversi nelle varie regioni d'Italia. Le proteste di questi giorni, non a caso, sono partite da Milano, città che ogni anno ospita oltre 20mila studenti fuorisede e in cui una stanza singola arriva a costare, in media, oltre 600 euro. Manifestazioni che si sono poi diffuse in tutta Italia, con gli studenti che chiedono misure per far fronte al caro affitti. Un problema, questo, che però riguarda principalmente le città del centro-nord: a Roma, Firenze, Torino, Padova e Bologna, infatti, è quasi impossibile trovare una stanza a meno di 400 euro, mentre nelle città meridionali i canoni di affitto sono sensibilmente più bassi (a Campobasso, ad esempio, è possibile trovare una camera a 150 euro al mese). Altra richiesta dei giovani è far fronte alla carenza strutturale di alloggi negli studentati, che attualmente riescono ad assorbire a malapena il 5 percento di chi fa richiesta e per cui sono stati sbloccati 660 milioni di euro per la conversione di edifici in disuso.
Una problematica trasversale alle varie regioni e province: fanalino di coda è la Campania, che attualmente dispone di poco più di mille posti letto, dato tra i più bassi in Italia in relazione al numero iscritti agli atenei e dove ormai da un anno si attende l’approvazione dei progetti per crearne altri 870, misura che aumenterebbe del 60 percento la dotazione attuale. A Potenza, in Basilicata, per far fronte alla carenza di alloggi negli studentati è stato avviato il progetto “A casa con i nonni”, un modo per far incontrare la domanda dei giovani universitari con l’offerta di stanze disponibili nelle case degli anziani. Caso peculiare quello della provincia di Sassari, dove le domande pervenute all'ente regionale allo studio sono state tutte soddisfatte, con ben 42 risultati in eccedenza. In Abruzzo i disagi maggiori riguardano soprattutto i servizi: a Chieti vengono lamentate criticità del trasporto pubblico, mentre a L’Aquila, dove ancora sono tangibili le conseguenze del sisma del 2009, la scarsità di alloggi temporanei ha fatto lievitare il prezzo degli affitti in quella che un tempo era la città universitaria più economica del Centro Italia.
Silvia Serafini
Avvenire, 17 maggio 2023
(foto da Avvenire)